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Prima Puntata: Roma, Ancona, Split, Monstar e lago Jablanica

Roma versus Milano

Come essere sicuri di poter fare avventura ed esplorazione selvaggia anche in un viaggio di pochi giorni e a pochi kilometri da casa? Semplice: portandosi dietro due elementi incompatibili, incomprensibili e distanti anni luce tra di loro.

Roma
Sono anni ormai che viaggio partendo da Roma con il mio fido compare di (dis)avventure Andrea l’Afgano. Sono anni che grazie a lui sono finito a dormire nelle più pulciose bettole del Caucaso, mi sono ubriacato nei più squallidi bar del Kurdistan e ho mangiato il peggior cibo in scatola dell’intero altipiano iraniano. Sono anni che lo testo nelle peggiori situazioni e sono anni che mi conferma che lui in viaggio rappresenta il “Disagio”.

Leggi gli altri viaggi affrontati con Andrea l’Afgano: Iran 2014, Wakhan e Pamir 2015

Milano
Per alzare il livello e dare più stile al viaggiare di Sporcoendurista, ho deciso di affiancare all’Afgano un uomo nuovo, uno più vicino al mondo del Jet set, uno che si muove bene sul Red Carpet, nello Life Style, uno abbonato come minimo a GQ, Cosmopolitan e Vogue, che riesca finalmente ad “infighettizzare” Sporcoendurista.
E dove cercarlo se non nella città della moda: Milano?
Sotto mentite spoglie mi trasferisco nel profondo Nord e avvio segretamente dure selezioni dove sono costretto a scartare tutti i nomi dell’ Eccellenzia dell’Esplorazione Italiana. Unico a salvarsi è ‘sto dannato Fabio il Saraceno.

Roma vs Milano, L’Afgano vs il Saraceno, chi vincerà?
Di sicuro a fine viaggio a rimetterci sarò io.

Ci diamo appuntamento al Porto di Ancona per il 14 Agosto 2016 con il seguente programma di viaggio:
Ci imbarchiamo per Spalato e poi vediamo.

Fabio il Saraceno e Andrea l'Afgano

Roma verso Ancona

Partiamo da Roma e un venticello fresco ci accompagna per tutte le curve veloci della Valnerina incredibilmente vuota in questa domenica di Agosto. Passiamo a salutare il vecchio amico Blackficcazippi delle Forchette Volanti con la speranza di restare a pranzo da lui, ma al “braccina corta” riusciamo a scroccargli solo un caffè.

Sporchienduristi e Forchette Volanti

Ci fermiamo più in là in un bar per mangiare e vedere anche la Motogp. Una splendita doppietta tutta italiana con Iannone e Dovizioso su Ducati rispettivamente primo e secondo.

La performance di Iannone appena fidanzato con la Belen che lo aspetta ai box è straordinaria a conferma che tira più un solo piccolo pelo scampato ad un’accurata depilazione inguinale che gli oltre 250 cavalli della Desmosedici appena passata sotto la bandiera a scacchi.

Siamo partiti con qualche ora di anticipo visto che sono giorni che i TG nazionali annunciano per bocca del Ministro dell’Interno file e code agli imbarchi per via di eccezionali controlli antiterrorismo. Al porto di Ancona entriamo facile e non c’è nemmeno fila. Il terrore mediatico non ha funzionato: “Alfano non conti un cazzo”

imbarco porto di Ancona in motoporto di Ancona

Lo Sporcoendurista imbruttito

A bordo ci portiamo nulla, solo qualche birra e i panini con il prosciutto crudo che il premuroso Afgano ha accuratamente preparato da qualche giorno per le ore di traversata che ci aspettano. Come sempre siamo senza soldi ed è un po’ misero il nostro biglietto “passaggio ponte” ma il Saraceno che viene da Milano non rinuncia al sacro rito dell’aperitivo che la sua città gli impone e con la stessa eleganza che usa tra i tavolini sui Navigli, a terra tra molliche, stivali e giacche da moto, ordina al primo marinaio che passa una bottiglia di Prosecco, con tanto di ghiaccio e tovagliolo bianco.

Fabio il Saracenopassaggio ponte con stile

Scegliamo il peggior posto della nave dove dormire: sotto le ciminiere. Senza aria condizionata, senza aria, caldo e puzza di fumi di gasolio che non si respira e con la paura di addormentarci per sempre in un sonno senza risveglio già al primo giorno di viaggio, restiamo svegli tutta la notte. Almeno noi, io e l’Afgano.

Il Saraceno invece tira fuori il suo libro, legge qualche pagina e si addormenta sereno tra bottiglie di birra, buste di plastica e avanzi della cena che ci mancano i gabbiani e il nostro angoletto sembrerebbe una discarica a cielo aperto. Al mattino si sveglierà sereno con ancora le molliche dei panini incastonate tipo palline di Natale tra la barba ispida. E io che confidavo in lui per dare più stile al viaggio!

passaggio ponte da pezzenti

Primi chilometri balcanici

Non appena scesi al porto di Split l’unica faccia serena e riposata è solo quella del Saraceno. Una colazione al primo bar fuori, caffè triplo per riprenderci dalla nottata appena passata a bordo e poi via in cerca del benzinaio più vicino. Facciamo subito il pieno e avendo i tasselli che scalpitano andiamo a cercarci un po’ di terra da arare.

Abbandonata la costa vittima del traffico estivo, su strade sterrate e strette ci intrufoliamo verso Est nel verde tutto attorno lasciandoci alle spalle il mare e la macchia mediterranea.

da Spalato a Tomislavgradda Spalato a Tomislavgradda Spalato a Tomislavgradda Spalato a TomislavgradDopo 30km di viottoli, frasche e cespugli e già ci siamo persi. Controlliamo sull’unica mappa che ci siamo portati 1:500.000 (con dettaglio geografico praticamente inutile) e non sappiamo nemmeno dove siamo. Se ancora in Croazia o già in Bosnia-Herzegovina.

Avvistiamo un villaggio, facciamo altro fuoristrada sbucando qua e là tra la fitta vegetazione, ma una volta arrivati notiamo che tutto è in avanzato stato di abbandono. Rigiriamo le moto e ritorniamo indietro e siamo già alla prima schiumata di sudore.

Trovata per fortuna una lingua d’asfalto fermiamo l’unica persona avvistata da quando siamo scesi dalla nave, un pastore che gira su Sfera Piaggio. Chiediamo informazioni per arrivare al primo “luogo abitato” lì vicino.
Lui ci dice di seguire le indicazioni per la Madonna di non so quale vetta.

vaghiamoa nella vegetazionevaghiamoa nella vegetazione

chiediamo informazioni ad un pastore su Sfera Piaggio

Tomislavgrad

Dobbiamo già rifare benzina e dovremmo anche prelevare visto che siamo senza soldi.

Seguendo le indicazioni del pastore e della Madonna arriviamo a Tomislavgrad, paesino di soli bar e slot, non ci sono altri luoghi di aggregazione. Cerchiamo un market ma è chiuso, cerchiamo un ristorante ma è chiuso. E’ pure normale: è domenica, è il 14 agosto, è ora di pranzo.
L’unica cosa che si può fare è bere. Prendiamo allora 3 birre al bar vicino il bancomat e dallo zaino tiriamo fuori i resti degli avanzi degli scarti dei pezzi dei panini di ieri. Il pane è duro, ormai è andato, mentre il prosciutto crudo ha un retrogusto alcolico di pre-fermentazione.
sportello bancomat bosniaco
L’Afgano ordina un altro giro e fa il piacione con la cameriera cicciona che ci ha servito le birre e lei ancheggiando vistosamente tra i tavoli mette su musica balcanica romantica tipo Laura Pausini cantata in bosniaco. Strabuzzando gli occhi e indicando con il pollice le moto gli faccio notare che dobbiamo andare via, lui mi fa l’occhiolino e con la testa indica la cameriera. Stupito mi giro verso il Saraceno che allungando il mento in avanti e annuendo con la testa palesa la sua approvazione al fermarci per il terzo giro di birre e vedere cosa succede tra l’Afgano e la camerierona bosniaca.
Pago il conto e me li prendo tutti e due sottobraccio e li porto alle moto.
“Ahò! Ma siete impazziti?”

1-bosnia-herzegovina2-bosnia-herzegovinaci-siamo-persiContinuiamo a penetrare nei Balcani puntando ad Est su strade secondarie e su non strade che sembra quasi Abruzzo. Un tratto di ciottolato smosso su terra rossa fa la prima vittima. Il Saraceno non si sa come cade e resta lì fermo ad aspettare qualcuno che lo aiuti. Sotto il sole, a piedi mi faccio 500metri in salita e quando arrivo su gli alzo la sua Dominator che a confronto con la mia Africa Twin pesa come un pacco di grissini. Mi guardo attorno per vedere quale passaggio così impervio o difficoltoso abbia potuto farlo cadere, ma non c’è nulla.
“Ma come sei caduto? Hai avuto un colpo di sonno?!”

Bosnia Herzegovina entroterraBosnia Herzegovina entroterraBosnia Herzegovina entroterra

Ombra perenne, umidità pesante e freddo infame

Entriamo a Mostar. E’ il 14 agosto ed è pieno zeppo di turisti con smartphone, risvoltini e occhiali a specchio. Siamo decisamente a disagio e fuoriluogo con le giacche da moto e i nostri occhiali già con un dito di polvere sopra.

Facciamo due passi nei vicoletti della vecchia città fino al famoso ponte ottomano Stari Most, qualche birra attorno ad una cartina e finalmente decidiamo di dare una direzione a questo viaggio. Siamo in giro da stamattina senza meta e zigzaghiamo in moto solo per fare strada. Ci troviamo tutti daccordo sull’idea di arrivare a Sarajevo. Ciondoliamo un altro po’ per i vicoletti prima di rimetterci in sella e sono ormai le 18:00

l'Afgano e Moroboschi

Ma nelle mani di chi sono?

Costeggiamo la Neretva, il fiume che subito fuori Mostar si infila in splendide gole di dolci curve a pelo d’acqua. Guidiamo per un po’ ma consci ormai che a Sarajevo ci arriveremo solo in tarda notte desistiamo, abbandoniamo la strada principale e ci accampiamo sulle rive del lago Jablanica. La Luna piena che si specchia sulle acque serene del lago, la vegetazione di un fitto verde che scende fino alle nostre tende, una vecchia stazione di posta abbandonata sono location perfettissima per un set fotografico naturalistico, allo stesso tempo location pessimissima invece per fare campeggio libero: ombra perenne, umidità pesante e freddo infame.

lago Jablanicavecchia stazione di posta sul lago Jablanicafabio e andrea montano la tendaCi concediamo una cena di cevapcici speziati, frittatona e birra in un piccolo ristorante con terrazza sul lago. Una densa nuvola di nebbia silenziosa e sinistra ingoia il lato dove sono piazzate le nostre tende. La luce della Luna la colora di candore bianco sulla parte superiore, sotto invece il nero profondo delle gelide acque del lago la fanno nera e profonda come la notte insonne che ci aspetta, di brividi e freddo umido nelle ossa.

lago Jablanica Bosnia Herzegovinalago Jablanica Bosnia Herzegovinalago Jablanica Bosnia HerzegovinaAfrica Twin di AndreaVeniamo svegliati in malo modo nel bel mezzo della notte da una musica paleolit-punk che gracchia dal vecchio stereo di una vecchia macchina. Dei ragazzi si sono appartati proprio qui vicino a noi per bere e fumare. Portano il ritmo con il clacson, inutili le nostre sguaiate bestemmie.
Nessuno di noi però ha voglia di uscire, fa troppo freddo, e alla fine prendiamo sonno cullati da quelle note deliranti.

Come al solito mi sveglio prima di tutti. Apro le varie zip che mi separano con il mondo esterno, zip pile, zip sacco a pelo, zip tenda, zip pantalone e pipì. Fuori i segni della serata balorda di quei dannati ragazzi: 3 bottiglie piccole di birra, qualche mozzicone di sigaretta e 2 canne. Tutto qua? Cristo che tristezza!

Rientro in tenda e un fetore vomitevole mi strozza il respiro. Puzza di piedi, di sudore e ascelle, di cipolla e frittata, di bocche che bevono solo birra, il tutto impastato in questa aria acre e densa di umidità che rende irrespirabile l’aria. “Ma come diavolo siamo riusciti a dormire qua dentro? ma come diavolo abbiamo fatto a svegliarci vivi?”.
E meno male abbiamo lasciato gli stivali fuori.

Tiro le somme dopo una sola notte in nave, i primi kilometri balcanici e una notte gelata e umida in tenda: già siamo messi così. Iniziamo bene!

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