Moto+Tenda. L'apericamping

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Maculato
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Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da Maculato »

Prologo
Ancora non mi sono ripreso dalla Transappeninica che già mi trovo inserito in un altro gruppo Whatsup. Ancora arrivano le foto dell’ultima fatica che già si comincia a fare l’appello di chi vuole partecipare all’evento più wild da quando la Lidl ha messo in vendita un martello a batteria che inchioda alle proprie responsabilità.
Questa volta si tratta di una tre giorni all’insegna del selvatico. Si viaggia in moto, si dorme in tenda sotto le stelle. Niente campeggi, niente elettricità, niente comodità. Selvaggi come i nostri antenati che vivevano nei boschi. Praticamente i puffi.
L’idea è di passare Venerdì, Sabato e Domenica sulle sponde del lago di Rascino portandosi tutto il necessario per sopravvivere alle intemperie e, soprattutto a noi stessi.
I messaggi cominciano a fioccare ma, se devo essere sincero, questa volta li sto ignorando. Un periodo un po’ congestionato al lavoro mi tiene impegnato anche troppo per mi miei gusti, soprattutto perché io lavoro quasi esclusivamente con colleghi e clienti stranieri. Passo le giornate al telefono parlando in Inglese, scrivendo in Inglese, rispondendo in Inglese. Arriva la sera e, finalmente, vado a dormire. Mi addormento e sogno… In Inglese, mortacci loro!
Mentre succede la vita continuano ad arrivare messaggi di adesione e abbandono dell’iniziativa. Già dall’inizio era chiaro che non saremmo stati in tanti. Alla fine oltre Gabriele 3_G, che ha lanciato l’iniziativa, ci sarà anche Anna KTM, Luca, un amico di Anna, e poi io. Ma, sorpresone dell’ultima ora, ci sarà anche Luigi Moroboschi.
Siamo in dirittura d’arrivo, il giorno dello sbarco sta per arrivare. Purtroppo, per me la partenza di venerdì è impossibile a causa degli impegni di Giovanna e miei. Ah, già, dimenticavo! Questa volta viene anche Giovanna. Dopo quasi dieci anni ritorna in moto. E i dieci anni che sono passati dall’ultima volta ci presentano subito il conto quando vado a prendere il casco di Giovanna che giace in garage. La muffa ha attaccato le parti in plastica sbriciolandole. L’imbottitura si sgretola non appena la tocchi. E tutto questo quando? Giovedì sera! È venerdì e devo pure andare a Roma a comperare un casco e, visto che ci sono, compro anche la tenda. Va bene essere wild ma dormire proprio sotto le stelle non mi pare il caso. È fatta! Domani si parte.

Partenza
Venerdì notte, la moto è quasi carica e vado a dormire. Domani sveglia presto e partenza.
La sveglia suona intorno alle 7 del mattino. Dopo che hai passato tutta la settimana a correre - in Inglese - a destra e a manca, sentire suonare la sveglia di sabato mattina è ‘na curiddrhata (una coltellata, per i non Siciliani). Ma bisogna alzarsi, quando l’avventura chiama i puff… ehm… gli sporchi rispondono a tono. Data l’ora del mattino, la stanchezza accumulata e l’età, il tono è decisamente un RE minore. Ma si parte. Moto carica, luci accese, casco in testa ben allacciato e si parte destinazione Fiamignano. La Salaria ci aspetta. So che Fiamignano sta dopo Rieti ma non so esattamente come arrivarci. Mi affido quindi al Google Maps.
Fino Rieti vado da solo, poi mi fermo, anzi ci fermiamo perché siamo in due, per bere un caffè e accendo in navigatore. Riparto… ‘nchia, siamo due! Ripartiamo e seguiamo le indicazioni del navigatore.
- Alla rotonda prendere la seconda uscita
- Tra 200 metri, girate a sinistra
- Svoltare a destra
- ….
Le solite cose che dice un navigatore. Il risultato di queste splendide parole dette al vento è che ci - questa volta me lo sono ricordato che siamo in due - fa lasciare la super strada, ci fa entrare dentro Rieti, girare intorno ad una rotonda, tornare indietro per la stessa strada e riprendere la superstrada esattamente nello stesso punto dove ce l’aveva fatta lasciare. Ho deciso di non arrabbiarmi nemmeno visto che non è la prima volta che succede. Mi posso mettere a discutere con un navigatore GPS con un disturbo istrionico della personalità?
Malgrado GoogleMaps arriviamo, in ritardo, ma arriviamo. All’appuntamento, nella piazza di Fiamignano, ci aspettano Gabriele e Romina, Luca e Anna. Dopo qualche minuto si presenta in tutto il suo splendore anche Luigi. Tanto per cambiare, sta traslocando. E’ riuscito a mettere tutta la sua vita dentro le borse della moto e ha lasciato Milano. Ha fatto tappa da Palì, di venerdì sera ad Ancona con Palì alla festa della birra, e il sabato mattina ha trascinato le sue spoglie mortali davanti all’ufficio postale di Fiamignano. Arriva, saluta tutti calorosamente, e comincia ad aprire le valige, tira fuori mazzi di scontrini e fogli di carta, mutande, magliette, computer alla ricerca del passaporto. E io che mi lamentavo del navigatore.
Non si capisce bene cosa si debba fare per campeggiare sulle rive del lago di Rascino. Il campeggio libero è permesso ma bisogna pagare 2 euro tipo tassa di soggiorno al Municipio. Ovviamente il tutto attraverso un versamento bancario/postale perché non si può pagare né in contati né con le carte. Intanto decidiamo di andare al lago, poi per il versamento vediamo che si può fare.
Anna accende il navigatore, io ho un déjà-vu e un brivido mi percorre la schiena. Si mette alla testa della carovana e ci guida verso il lago. Usciamo da Rascino tutti in fila come i 7 nani e fischiettiamo. Dopo duecento metri siamo già persi in mezzo alle case. Il mio istinto c’aveva visto bene, mai fidarsi dei navigatori.
Riprendiamo la strada, chiediamo informazioni ad un umano - del resto siamo ragazzi all’antica - e riusciamo a prendere la strada del lago. Arrivare al lago non è cosa semplice. Finite le curve, comincia una bella strada bianca che ogni tanto è ricoperta di ghiaione. Andare sul ghiaione in due e con le moto cariche non è proprio una cosa che viene spontanea. Qualche altro sudorino freddo - senza navigatore questa volta - e arriviamo sul lago. Lo spettacolo è meraviglioso. Il lago sta nel mezzo di un altopiano circondato da prati e colline. Presenza umana praticamente nulla. Le poche costruzioni che abbiamo visto (ormai scrivo al plurale senza nemmeno pensarci) sono disabitate. Siamo sotto lo scoppio del sole, il lago è ridotto a poco più che una pozzanghera, è quasi ora di pranzo… La decisione è unanime, andiamo a pranzare sul lago del Salto al resto ci si pensa dopo. Ci fermiamo a mangiare in un ristorante sul lago. Arriviamo praticamente disidratati. Appena arrivata la signora chiediamo subito acqua fresca a garganella, un paio di giri di acque minerali per riprendere conoscenza. In virtù del caldo torrido, decidiamo di restare leggeri.
La signora ci fa l’elenco dei primi piatti e già dopo la prima proposta i nostri buoni propositi di leggerezza sono caduti nell’oblio. Alla seconda opzione abbiamo l’acquolina in bocca. Arrivati alla terza opzione prendiamo il coraggio a due mani e chiediamo di portaci degli assaggi.
- Signora, mi raccomando, degli assaggi però.
- Non si preoccupi, ci penso io.
Arriveranno nell’ordine: Raviolini al tartufo, maltagliati ai funghi porcini e gnocchi al ragù di cinghiale. Tutto secondo i piani: tutta roba leggera e soprattutto porzioni da assaggio. Ovviamente non riusciamo a mangiare altro, nemmeno l’insalata. Anche se non credo che nessuno si sia nemmeno preoccupato di pensarci all’insalata.
In balia della digestione dobbiamo decidere dove andare visto che l’opzione lago di Rascino è fallita. Proviamo a cercare qualche spiaggia sul lago del Salto. Ci infiliamo dentro una stradella con il risultato di ammucchiarci su una discesa sterrata segnata dagli scoli dell’acqua. La prudenza e i capelli bianchi ci fanno fermare in tempo. Anche il lago del Salto è un’opzione impraticabile. Dobbiamo trovare una nuova meta. Vince il lago di Campotosto. Altro brivido lungo la schiena. L’ultima volta che siamo andati è stato per festeggiare il Nonno Peru dopo l’incidente. Il giorno dopo c’è stato il terremoto del L’Aquila. Domani vi faremo sapere.
Ci rimettiamo in modo per andare verso Campotosto. Ci perdiamo di nuovo. Questa volta si fa all’antica. Seguiamo i cartelli verdi, quelli che portano all’autostrada. Usciamo a L’Aquila Ovest. Tappa strategica per comperare i viveri e poi al camping Cardito.
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da psycho »

Pensavo che questa volta che l'organizzazione era nelle mani di 3g si sarebbe rischiato di alzare il livello ed invece noto con piacere che l'organizzazione è sempre imbarazzante.................forse anche peggio del solito!!!!! :lol: :lol: :lol: :lol:
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da moroboschi »

sinceramente anche io decisamente deluso dall'organizzazione
pensavo che il cambio di gestione potesse dare nuova vita e nuovo stile a questi eventi
ma la solfa è sempre la stessa: disagio e imbarazzo
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da 3_g »

era tutto studiato... per non mettere a disagio eventuali "organizzatori" improvvisati che volessero proporre nuove iniziative :o :shock: :D :D


comunque ci siamo veramente divertiti :lol: :lol: :lol:
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da 3_g »

che belle foto ;) :D :D
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da magic_maxx »

Quello nell'ultima foto è Montalbano?

8-)

M.
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da moroboschi »

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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da Maculato »

moroboschi ha scritto: 10/07/2017, 9:44
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Ammazza che bbbocce?
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Re: Moto+Tenda. L'apericamping

Messaggio da Maculato »

La cena
La spesa è fatta, adesso possiamo andare. Arriviamo in Campeggio e ci sistemiamo nelle piazzole. Montiamo le tende e tiriamo a sorte con chi deve dormire Luigi. Per ovvie ragioni di opportunità facciamo vincere Luca. In privato ci confesserà che non aspettava altro. Anche Luigi, dopo i primi momenti di ritrosia, si abbandona al destino. Si racconta in giro che li abbiano visti pure dormire a cucchiaio. Non abbiamo prove certe ma nemmeno smentite ufficiali.
Si è quasi fatto buio e si avvicina l’ora di cena. Abbiamo a disposizione il BBQ del campeggio dove le leggende raccontano si sia cucinato anche per ottanta persone. Vediamo che qualcuno comincia a trafficare vicino al fuoco e siamo un po’ titubanti su come procedere. In due momenti diversi, Giovanna e Anna fanno la stessa considerazione: lasciamo che accendano pure il fuoco, quando la brace è pronta, ci presentiamo pure noi. Se, da un punto di vista pragmatico la cosa può avere senso, da un diverso punto di vista mi viene da dire: Ammazza che stronze! Quello che è successo dopo dimostra che, se la teoria pragmatica aveva senso, se non ci fossimo andati noi alla brace, stavamo ancora lì ad aspettare. Ma perché tutto questo?
Il gruppo di persone che trafficavano alla brace avevano fatto l’alba sul Gran Sasso, scalando la montagna di notte e aspettando il sorgere del sole in cima. Poi sono scesi a valle e sono venuti al camping. Ma c’è anche dell’ altro. Quando arriviamo sono molto cordiali e simpatici. Per caso incrocio lo sguardo con uno dei ragazzi e la prima impressione non è proprio quella di avere di fronte uno Messner. Mi aspetto piuttosto che mi dica una cosa del tipo: senti, che c’hai un gettone che devo fare il biglietto del tram? Lo sguardo non è proprio sveglio, più che due occhi sembravano le feritoie del dindarolo. Più che alpinisti alle prese con i ramponi e le corde, sembravano pescatori viste le canne che giravano.
Avevano iniziato ad accendere il fuoco o meglio ci provavano. Il fuoco, però, non sembrava molto collaborativo e di brace non ce n’era nemmeno l’ombra. Come al solito ci tocca lavorare anche questa volta in barba alle teorie pragmatiche delle nostre signore. E’ anche questa volta ce la facciamo. Si cena e si beve il buon vino che ha portato Anna. Bisogna dare atto alla nostra teutonica endurista, che anche questa volta, in quanto a mangiare e bere non si è fatta parlare dietro. Finiamo il vino e la carne. Avanzano giusto una trentina di arrosticini che non abbiamo nemmeno cotto e che conserviamo per l’indomani. Andiamo a dormire. Dopo una giornata di caldo torrido, sterro, laghi asciutti e tanti chilometri, siamo veramente stanchi. Io, per lo meno, lo sono.
Buonanotte.

Oggi è un altro giorno
Chi pratica il campeggio, o almeno lo ha praticato in gioventù, del campeggio conserva due nitidi ricordi: il rumore delle cerniere quando si apre la tenda in mezzo alla notte e la luce del mattino. Per il rumore delle lampo non c’è rimedio. Ti entra dentro ed è come un trauma che ti porti dentro nell’inconscio. Vivi la tua vita e non è hai la percezione. Poi ti trovi stanco, un po’ assonnato ed accigliato e qualcuno fa scorrere una chiusura lampo nel silenzio della notte. Il rumore non lo senti con le orecchie, senti la vibrazione che percorre il midollo spinale e arriva fino alla base del cranio. E’ come i reduci che rivivono i traumi della guerra.
Per la luce, invece, ti organizzi. Mascherine, fazzoletti, pedalini sugli occhi o, come faccio io, uso il cappuccio del sacco a pelo per coprirmi gli occhi. Riesco a sopportare la luce ma è come dormire con la testa nel forno. Quando sei sulla soglia della disidratazione e decidi che hai dormito abbastanza, tiri fuori la capoccetta dal bozzolo, apri la cerniera della tenda (brivido midollare) ed esci. Sono le otto del mattino e gli sguardi che incroci, primo fra tutti quello di Anna, anche se quelli degli altri non è che siano meglio, sono a metà strada tra lo sconvolto e il rassegnato.
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