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Prima Puntata: partiamo con le raccomandazioni dell’Ambasciatore d’Italia in Oman.

08 Agosto 2009. Roma.

“A S.E. Cesare Capitani. Ambasciatore d’Italia a Mascate.

Caro Capitani,
ci siamo incontrati, come ricorderai, a Yangon nel 2000, dove ti avevo preceduto nelle funzioni nel 1995-’97. Poi avevo avuto il piacere di presentarti le mie congratulazioni per la tua nomina a Mascate, dove anch’io ero stato ambasciatore negli anni 1982-’87.

Ora, ti contatto per raccomandarti caldamente alcuni amici di famiglia (Triplo, Dddaniela, Moroboschi) che hanno deciso di visitare prossimamente il Sultanato di Oman, …… in moto (dovrebbero essere a Mascate all’incirca il 24-26 agosto provenienti da Salalah)!
Preciso che non è la prima volta che si impegnano in imprese del genere avendole già realizzate in Iran e, se non ricordo male, anche nell’India Settentrionale. (sic!)
Stante la consumata esperienza, in Oman non dovrebbero avere problemi, considerata anche la tradizionale disponibilità di quella popolazione.
Ad ogni modo, ove occorresse, ti sarei grato se vorrai prestare ai summenzionati amici l’assistenza necessaria. Trattasi di giovani meritevoli di attenzione e non certo tali da costituire motivo di imbarazzi.
Ti ringrazio fin d’ora per l’accoglienza che vorrai riservare loro, che comunque si presenteranno in ambasciata per fare doveroso atto di ossequio.
Con molta amichevole cordialità, a te e alla tua gentile signora, tuo Benito Volpi.”

(lettera spedita da Sua Eccellenza Dr. Benito Volpi ex Ambasciatore d’Italia in Oman all’attuale ambasciatore a Mascate – Oman)

Con queste impegnative “credenziali” , un cambio in più da tenere pulito per il probabile “doveroso atto d’ossequio” e con l’ansia di non costituire “motivo d’imbarazzi” nonostante la presenza del Moroboschi, ci apprestiamo ad intraprendere il viaggio che attraverso gli Emirati Arabi Uniti ci porterà nel Sultanato dell’Oman.

il volo fiumicino dubai

Dubai, Emirati Arabi Uniti, Penisola Arabica.

12 Agosto 2009

Dopo un piacevolissimo e ingannevole volo EK098 Fiumicino-Dubai della Emirates, alle ore 23.05 (ora locale) sbarchiamo all’aeroporto internazionale di Dubai.
Le moto, dicono, hanno viaggiato nella stiva assieme a noi ma fino a domani mattina non si possono ritirare quindi, passato un veloce controllo, ci ritagliamo un piccolo perimetro di circa 100 mq al secondo piano dell’area transiti e ci appisoliamo, dopo aver indossato i pile per il freddo che fa, noi sul materassino e Moroboschi su una più maschia seggiola di dura plastica, in attesa che faccia giorno.

ci apprestiamo a passare la notte in aeroporto

Dubai – Al Ain (E.A.U.): 140 km

13 agosto 2009

Non sono ancora le 06.00 quando mi sveglio, guardo Daniela che quando mangia o dorme è l’immagine della serenità assoluta, mi stiracchio, mi volto verso la sedia dove giace apparentemente morto un pinocchio disarticolato che somiglia a Moroboschi.

notte in aeroporto a Dubai

Esco dall’aeroporto e mentre guardo il cielo ancora grigio, provo a fare il primo respiro all’aria aperta.
I polmoni si contraggono ma rimangono delusi. Spalanco pure la bocca e ci riprovo riuscendo ad immettere un milligrammo d’ossigeno. Giro sui tacchi e rientro di corsa in aeroporto…
”Cristoiddio, lì non si respira…colpa delle centinaia di taxi e pullman ammassati fuori?”.
No, è proprio così e con il passare dei minuti la situazione peggiora.

aeroporto Dubai

Prendiamo al volo un taxi e alle 7 circa siamo davanti all’area cargo della Emirates per sbrigare le velocissime (così ci era stato ottimisticamente raccontato) pratiche di sdoganamento e ritiro delle moto.
Invece passano le ore e delle moto nemmeno l’ombra, cominciamo ad innervosirci, ci rimpallano da un ufficio all’altro e nel mentre abbiamo anche l’occasione di mandare affanculo all’unisono un cinese della sicurezza…tutti ripetono “wait…wait” ma ormai sono quattro ore che noi “wait” al caldo quando ci arriva un sms di Daniela che ci sta aspettando in un altro ufficio: “Ho visto le bimbe nella rete!”. Si riaccende la speranza di non girare l’Oman a piedi e finalmente…ECCOLE!!!

oman2-3

Senza saperlo io e il Moro mandiamo quasi lo stesso sms a Daniela.
Il Moro scrive ottimista: “Fatto!”
io un più prudente: “Quasi fatto…”
infatti, dopo un altro paio d’ore, l’ennesima sequela di improperi, pellegrinaggi da un ufficio all’altro ed essercele scaricate da soli da una piattaforma alta quasi un metro, all’ora di pranzo e con il termometro della moto che segna 49,8° montiamo in sella e puntiamo Al Ain, al confine omanita.
Che ce vo’, una sgambatina, giusto per sgranchirsi dopo le ore passate sull’aereo, saranno un centinaio di km facili.
Invece ogni 10 km circa siamo fermi, beviamo, mangiamo le pasticche di sali minerali che in assenza di saliva pare di impastare il calcestruzzo, ci sdraiamo esausti all’ombra e nessuno ha il coraggio di parlare.
Parlare e trovare negli altri le stesse paure e sensazioni, equivarrebbe a girare le moto di 180° e tornare indietro con la coda tra le gambe.

chiediamo informazioni

Sono 140 km feroci.
Una “mazzata” terribile. Se pure “dall’altra parte” è così, non ce la facciamo; sono sicuro.
Il sole è un martello arroventato che picchia le moto come fossero due incudini infuocate. Si fa fatica a toccare le leve freno e frizione nonostante i guanti e le ustioni che scopriremo a sera nell’interno coscia, quella a contatto con i serbatoi, confermeranno che abbiamo attraversato le fiamme dell’inferno arabico e, purtroppo per noi, siamo ancora vivi.

Jebel Hafeet Road

Arriviamo ad Al Ain completamente sfatti. Il giro sulla Jebel Hafeet Road con le sue luci che si arrampicano in salita, lo rimandiamo all’indomani presto, adesso sarebbe un suicidio bollente.
Troviamo un albergo, proviamo a fare una passeggiata ma dopo pochi minuti rinunciamo per rifugiarci di nuovo nel gelo polare dell’albergo. Sono le 9 di sera e il termometro segna implacabile 39°.
Abbiamo già speso più soldi per l’acqua che per la benzina. Il tasso d’umidità non lo so ma ho la maglietta zuppa appiccicata alla pelle e grondo sudore come una fontana. Gli altri due sembra soffrano un po’ meno.

Al Ain (E.A.U.) – Nizwa (Oman): 325 km

14 agosto 2009

Alle 06,30 siamo fuori. Il termometro impietoso segna 36°.
Gli do un colpetto con il dito pensando ad un errore. Sale di un altro decimo.
Decidiamo comunque di approfittare del relativo fresco e ci inerpichiamo sulla strada, bellissima, resa celebre dallo spot della’Alfa Romeo.
In effetti quella decina di km di curve disegnate con il compasso che s’inerpica in salita in mezzo al deserto, sono una goduria e fanno venire in mente la pista “Policar” di quando eravamo bambini.
Il sole è sorto da poco e arriviamo sul piazzale posto sulla cima mentre degli indiani stanno improvvisando una partita a cricket.
I segni di sgommate sul pavimento sono segno inequivocabile delle imprese cronometriche dei tamarri locali a bordo di bolidi mai visti.

jabel hafeet road

jabel hafeet road

jabel hafeet road

Riscendiamo e senza troppi indugi puntiamo il confine omanita di Buraimi.
E’ venerdì. C’abbiamo l’esclusiva per questo genere di cose… venerdì ovviamente è festa e quindi ci presentiamo in frontiera senza un soldo omanita e dobbiamo pagare il visto e l’assicurazione.
Imbocco la sala preghiere pensando sia la toilette, scambio la struttura che regge il velo di una donna omanita per l’apparecchio odontoiatrico esterno…insomma come al solito cominciamo bene. Peggio di così…

Un po’ di teatrino e paghiamo con gli ultimi dirham rimasti e un po’ di euro; gentilissimi gli impiegati, vista la nostra precaria situazione, accettano e ci danno il resto in rial omaniti.
Appena fuori tutti già ci parlano di Salalah, questa fantomatica lontanissima città a sud, quasi al confine yemenita… ne parlano come fosse il paradiso terrestre, la città del latte e del miele, la Shangri-La araba, al solo nominarla gli si illuminano gli occhi e gli viene il groppo in gola…”Nice weather” sillabano estasiati… “Tempo delizioso”….mancheranno quasi 1.300 km. eppure uno lì fuori, simpaticissimo, appreso che probabilmente intendiamo arrivarci attraversando il temibile deserto del Rub’ al-Khali, ci disegna il tragitto da fare. 1.300 km direttamente su un foglietto di block notes.
Penso sia pazzo…si può pensare di tracciare 1.600 km su un pezzetto di carta? In Oman si può.
“Nice weather” mi rimbomba in mente. Non sappiamo come ma a questo punto DOBBIAMO arrivare a Salalah.

frentiera ermirati arabi - oman

frontiera emirati arabi - oman

Con il miraggio che impegnando la zona montuosa del nord dell’Oman le temperature possano essere più sopportabili ci dirigiamo verso Nizwa, ultimo fortino portoghese prima dell’oceano di sabbia che divide il montuoso nord dal sud del Paese.
Sulla strada per Nizwa ci fermiamo a Bahla per riposarci.
Un negoziante ci serve bibite fresche poi ci dice di scusarlo pochi minuti, ci lascia al negozio e si ripresenta dopo una mezz’oretta. Era l’ora della preghiera e se ne era andato in moschea.

A Nizwa arriviamo nel primo pomeriggio e prendiamo alloggio al Tanuf Hotel, uno di quelli indicati dalla Lonely che, a parte tutto, in fatto di dritte per gli alberghi rimane un punto di riferimento.
Diamo una svegliata al ragazzo alla reception che si sta facendo una pennica dietro al bancone, contrattiamo brevemente il prezzo e prendiamo possesso di una dignitosissima stanza a tre letti munita di un ventilatore azionato, come d’obbligo in Oman, da un motore d’aeroplano.

Scarichiamo i bagagli, lasciamo Daniela in camera e andiamo a fare benzina.
Sul piazzale arriva un SUV gigantesco, s’abbassa il finestrino e un urlo dal marcato accento milanese c’investe:
“SIETE ITALIANI?”
non facciamo nemmeno in tempo a rispondergli di no che prosegue urlando ancora più forte:
“HO FATTO LA DAAAAAKAAAAR!!!!” .
Un Moroboschi da oscar gli risponde al volo:
“Strano, non t’ho mai visto, io ne ho fatte 10.. In che anno l’hai fatta?”
Quello un po’ spaesato ci risponde che l’ha fatta nel 2000, quasi dieci anni fa e la ragazza, nel frattempo scesa dal SUV, rincara acida la dose: ”…e pure 10 kg fa….”.
Il dakariano accusa il colpo, si scambiano due chiacchiere, ci si saluta e al grido di “HO FATTO LA DAAAAKAAAAR!!!” ce ne torniamo ilari in albergo per schiantarci finalmente sui letti in attesa della sera e dello struscio di Nizwa.

Bahla

Bahla

Bahla

Usciamo che è buio e ci perdiamo nei vicoletti di Nizwa mentre il piazzale principale brulica di gente e automobili.
Ci soffermiamo a scattare qualche foto nel centro “storico”, andiamo alla ricerca di un postaccio per mangiare e ce ne torniamo a letto.
Domani mattina assaltiamo il Jebel Shams, il massiccio più alto dell’Oman attraverso uno sterrato visto su Google Earth con l’idea di andarci su carichi di bagagli e piantare la tenda più in alto possibile.
Considerate le mie spiccate attitudini al fuoristrada, sono leggermente preoccupato tanto da impiegare almeno 30 secondi per addormentarmi cullato al rombo del motore d’aereo del condizionatore.

Nizwa

Nizwa

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