A mollo, dall’inizio alla fine.
Il giro è quello classico del Sant’ Oreste. Partiamo con 3/4 d’ ora di ritarto per problemi organizzativi.
Da una settimana eravamo daccordo “appuntamento alle 8:30” “ok! alle 8:30!” .. il fatto è che domenica alle 8:30 ci si aspettava a vicenda nei punti più disparati della periferia romana. Solo dopo telefonate e messaggi riusciamo a ricongiuncerci, finalemente si parte!
A darci il benvenuto non appena messi i tasselli sullo sterrato, è una serie di guadi di fango liquido e di colore grigiastro. Qualche pozza abbastanza profonda e dopo qualche chilomentro abbiamo già gli stivali zuppi d’acqua.. anzi di melma.
Prima difficoltà che incontriamo è una brutta salita di fango. Piccolo strappo in verità, ma il fondo fa schifo, i mono vanno su in modo facile, per noi con il bicilindrico sarà dura. Non c’è spazio per la rincorsa, e con quel fondo viscido e senza un po’ di velocità superare quella pendenza è davvero un’impresa. Per qualcuno c’è voluta l’aiuto della compagnia della spinta, e solo dopo aver legato il bestione con una corda siamo riusciti a portarlo su.
Il pubblico sugli spalti è caldo, grida e urla si alzano al cielo, cori e striscioni, ci sono attimi di tensione, seguono momenti concitati. I tifosi incitano i loro beniamini.
BMW Honda 1 a 0. Antonello con la sua bestiolina (bmw HP2) fa i numeri, va su senza corda e senza compagnia della spinta.
Il pubblico è in delirio, si grida al miracolo!
BMW Honda 1 a 1. Il Moroboschi non ci sta. Salta in sella e pareggia i conti. Anche lui senza corda e senza compagnia della spinta.
I tifosi in estasi applaudono i due. Il prezzo del biglietto è valso è lo spettacolo.
Ci riposiamo su sterrati veloci e piatti. Riusciamo a tenere una bella media, almeno fino a quando non ci imbattiamo nello Squaraus di Dinosauro: circa 800 metri di yuogourt marrone. 800 metri di fango e merda a pezzettoni vivi. Andrea si esibisce in un 360°. Io vengo letteralmente ingoiato assieme alla moto da una pozza. Solo facendo leva con un tronco siamo riusciti a tira fuori la mia Africa. Una mano serve un po’ a tutti, addirittura c’è chi non riesce a stare in piedi da solo e finisci a mollo spalmandosi nella diarrea gigante.
Ora è il letto di un fiume a vederci sputare sangue e sudore. Ma è il nostro luna park, e una volta arrivati alla fine, ritorniamo indietro con la scusa di scattare foto, non stanchi, lo rifacciamo di nuovo, e poi di nuovo, fino a quando gli altri che ci aspettano si incazzano.. e c’hanno pure ragione!
Rientriamo a Roma costeggiando il Tevere, stanchi, bagnati, sporchi e contenti.. insomma come ce piace a noi!