Che faccio?
Domenica 31 luglio 2005
Ma allora vieni con noi…
Dove? In Sardegna!
Quando? Giovedì prossimo.
Martedì 2 agosto 2005
Max, il Barbaro, il Bischero, Signo, Topogatto, Danilo
Non posso mancare!
4 agosto 2005 Parto
Mi lascio alle spalle Roma, bagagli preparati alla meno peggio, pieno a tappo e un biglietto soloandata Civitavecchia-Olbia in tasca.
Imbarco alle 23:00. Al porto la solita bagarre dei vacanzieri e la solita insopportabile inciviltà tutta italiana. I primi saliti occupano con sconcertante strafottenza tutti i divani e le poltrone; mi ritaglio un angolino e lo difendo togliendomi gli stivali da enduro, “mors tua vita mea”.
Ad Olbia la nave arriva puntualissima: ore 05:00. Riesco a scendere solo dopo un’ora perchè un demente dimentica il suo SUV bloccando il portellone d’uscita.
Finalmente fuori; direzione Nurapolis. In campeggio mi stanno aspettando Max e Alabike.
E’ la mia prima volta in Sardegna. Mi gusto l’alba e con le prime luci taglio il centro fino a Bauladu, poi punto verso la costa: Milis, Narbolia, Marina di Narbiria. Il sole è ancora basso, le ombre ancora lunghe, l’aria è fresca, vado piano e mi godo i paesini di campagna, gli orti segnati da muretti in pietra, i profili dei paesaggi brulli.
Trovo il campeggio e trovo la prima difficoltà: Non conosco il cognome dei miei amici!
Provo a ricavarli dai nick, dalle email. Incredibile, mi sono trovato nelle situazioni più improponibili con loro e non conosco i cognomi!
La penisola del Sinis
Sorprende come in così pochi km siano presenti realtà paesaggistiche uniche, e parlo solo della costa.
Spiaggioni (che si estendono anche per 6 km!) si alternano a falesie a picco sul mare. Torri aragonesi a fare da guardia a coste selvagge che regalano panorami incantevoli. Saline argentate, porticcioli di pescatori, calette nascoste, costoni che si spingono fino in mare, terrazze naturali che a sera si tingono d’ arancio, illuminate dagli ultimi raggi.
Qui riusciamo ad alternare giornate “tranquille”, con sandaletto e telo da mare: giornate passate a crogiolarsi al sole, sugli scogli di S’Archittu, alla “Bistecchiera”, spalmati sulla sabbia di Is Arenas e Is Arutas.
Giornate tranquille alternate a giornate più vivaci, caratterizzate dallo spirito gitano che ci accomuna. Giornate passate a perdersi per sentieri e sterrati, mulattiere e sabbioni. Con gli stivali a mollo dopo un guado, con la fatica che ti segna il viso con una smorfia, con il culo a terra a guardare il posteriore della moto per metà insabbiato, aspettando altre 2 mani per rimettere in piedi quei 230 kg.
Ripercorrere gli stessi sentieri dove si allenava Meoni. A cercare di stare in sella, di non cadere, di arrivare alla fine, proprio lì, dove Fabrizio veniva a “scaldarsi”.
Non mancano pause culturali, a Tharros, ex colonia romana, che dopo le innumerevoli invasioni s’è spostata “fisicamente” verso l’interno, dove oggi sorge Oristano (la leggenda narra che gli abitanti di Tharros si sono caricati tutte le pietre dell’ intera colonia a spalla).
La conoscenza di personaggi tipici del posto è sempre gradita. Gentilissimi i pastori e i contadini che ci indicano percorsi e strade + suggestive, non da meno i pescatori che ci permettono di aggirare stagni e zone paludose usando i loro ponti, dove a malapena passano i manubri delle nostre moto.
Da segnalare Putzu idu e le sue spiagge di quarzo. Gli stagni di Cabras e di Sale Porcus. Verso l’interno Cuglieri, e la strada per il santuario della Madonna della neve. La sera vale la pena fare un salto a Torregrande, locali, pub e birrerie in riva al mare. A Baratili la sagra della vernaccia è tappa obbliga.
Siamo costretti ad uno stop per problemi al Kle del povero Signo, che si vede costretto ad un forzato rientro, perseguitato dalla sfiga.
Un saluto particolare ai nostri vicini, quelli dello Zwork, alle 2 genovesi, e anche alle 2 piacentine.
La Costa Verde
Levataccia. Il fatto è che non s’è mai rientrati prima delle 04:00, dopo essere sopravvissuti a nottate che metterebbero a dura prova i fegati più duri.
Alle 7:30 in piedi, casco, stivali, e costume (non si sa mai).
Recuperiamo Danilo a Guspini e da lì verso Montevecchio, verso la zona mineraria. Saliamo in quota, costeggiamo le vecchie miniere ormai dismesse, ferme, isolate nel tempo, assieme ai villaggi prima abitati dagli stessi minatori, ora deserti e adatti ad un film dell’orrore anni ’70.
Dallo sterrato principale si diramano innumerevoli sentieri, la curiosità e la voglia di perdersi ci guidano. Costeggiamo un fiume rosso, colorato dal silicio e dal ferro, che serviva le miniere. Lo guadiamo almeno una ventina di volte, alcuni trattisiamo costretti a percorrerli nel suo letto. Si scende verso il mare, verso Piscinas. Il paesaggio roccioso dell’interno viene sostituito gradualmente dalle dune di sabbia (le più alte d’ Europa).
Euforici come bambini in un negozio di giocattoli a natale, arriviamo in spiaggia. Via i panta, le protezioni, il casco. In costume, per uno dei bagni più meritati, più sudati.
Birretta al chiosco e poi via. Ci si riveste, con sudore, salsedine e sabbia. Rientriamo, verso l’interno, questa volta “attaccando” un altro versante, risalendo un fiume insecca. Il fondo è molto insidioso, pietre grandi come cocomeri e levigate dall’acqua. Qualche mulattiera che pizzica ci mette a dura prova, ma riusciamo a superarla. E’ uno spettacolo guardare “Il Barbaro” guidare, affrontate i passaggi più tecnici con una semplicità disarmante. Oltre 300 kg (tra cavaliere e cavallo) che armoniosamente vanno su per mulattiere con pendenze al limite.
Non so chi ci fa notare che “s’è fatta na certa”, è ora di iniziare a cercare una strada per venirne fuori, l’asfalto è ancora lontano. Topogatto buca.
Non senza fatica riusciamo a trovare una pizzeria disposta ad accettare come clienti 4 sporchi enduristi. Sfatti, sudati, con addosso ancora il rosso del fiume, sporchi di terra e sabbia. Gli occhi segnati dalle crepe della fatica, la faccia incartapecorita dalla salsedine, le mani impiastrate di grasso, addosso vestiti di polvere. Forse capisco il silenzio delle posate e della musica live non appena si varcava la soglia di un ristorante.
Concludiamo questa fantastica giornata davanti ad una pizza, stanchi e distrutti.
E’ l’una e mezza circa.
Bosa
Ci spostiamo. Smontiamo la tenda, per non rimontarla più. Si dormirà senza, su amache, per terra, in una grotta, vicino al falò quasi spento, con accanto l’ultima bottiglia di vino.
Si va verso nord, carichi come muli, fischiettandoci dai caschi il motivetto di “Banana Joe”.
La costa tra Bosa ad Alghero è completamente disabitata, non c’è nulla, solo qualche campeggio. Il verde della macchia mediterranea fa da sfondo a numerose cale, spiagge difficilmente raggiungibili, gole e costoni a strapiombo sul mare. E’ lì che ci si ferma. Per 3 giorni si dormirà in una grotta con vista mare e megaterrazza, ideale per colazioni, cenette sotto la luna, e rilassanti letture estive.
La sera di Ferragosto ci si perde nei festeggiamenti, ritroverò gli altri solo alle 6:30, rientrando a casa.. ops nella grotta. A farci da sveglia il più classico dei mal di testa. La luce del sole troppo forte penetra sotto le palpebre. La bocca ancora impiastrata e le papille gustative anestetizzate dal vino di ieri ci permettono di sentire solo l’ odore del caffè del primo coraggioso che s’è svegliato.
Cerchiamo di ricordare gli ultimi attimi coscienti, prima che cannonau e mirto ci inghiottissero, assieme alle note della musica popolare di un gruppo sardo, conosciuti nel chiosco in riva al mare.
Santa Teresa di Gallura
Salutare Max, che “domani devo andare a lavorare”, ci pesa come un macigno, la zingarata sta per finire. Ancora pochi giorni e poi anche noi si va via, a casa. Max verso Olbia, noi non troviamo traghetti per Bonifacio e siamo costretti a fermarci una notte a Santa Teresa di Gallura. La civiltà mascherata a festa ci relega a semplici spettatori, e a dire il vero, ero contento di essere fuori luogo in quel posto.
La mattina seguente siamo al porto, poi la Corsica. Nei 3 giorni restanti una scorpacciata di curve. Ajaccio, le Calanche, Porto, 2 passi sulle montagne del centro, infine Bastia.
Per 72 euro compriamo il rientro a Livorno.