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“Nella primavera dell’anno 578 d.C., se foste stati sul promontorio che domina Betlemme, avreste potuto vedere due figure uscire, bastoni alla mano, dalle porte del grande monastero di San Teodosio nel deserto. I due si sarebbero diretti verso sud-est attraverso i deserti della Giudea, in direzione della metropoli portuale di Alessandria, città dell’opulenza leggendaria. Era l’inizio di un viaggio straordinario che avrebbe condotto il monaco Giovanni Mosco ed il suo allievo, Sofronio il Sofista, in un periplo attraverso l’intero mondo bizantino, allo scopo di raccogliere il sapere dei padri del deserto, dei saggi e dei mistici dell’Oriente, prima che il loro fragile mondo si frantumasse ed infine scomparisse”.

Millequattrocentotrentadue anni dopo, noi, Adriano ed Alessia, abbiamo deciso di intraprendere una parte di quello stesso viaggio, da Mar Musa in Siria sino al deserto del Wadi Rum in Giordania per lambire Alessandria d’Egitto e riscoprire le tracce profonde ed indelebili lasciate in quelle terre dalle magnifica civiltà Semitica, Seleucida, Greca, Romana, Bizantina ed Ottomana.

Gli stati della Siria e della Giordania non sono altro che dei confini tracciati a singhiozzo, una manciata di decenni fa, da noi occidentali conquistatori capricciosi; di reale vi è solo un unico territorio bellissimo, un tempo patria dei Beduini, unici e piu’ veri inabitanti di queste terre. Di fatto la Mesopotamia è la culla di una delle umanità (ci piace essere probabilisti) e crogiuolo della maggior parte delle protoreligioni. Quando si parla della Giordania e della Siria, si pensa solo all’Islam, ma di certo se Giovanni Mosco dovesse ritornare oggi è probabile che troverebbe molto più familiari le pratiche Sufi-Mussulmane contemporanee rispetto a quelle di un Cristiano evangelico. Eppure questa semplice verità è stata offuscata dalla nostra tendenza a pensare alla Cristianità come una religione occidentale, piuttosto che la fede orientale che in realtà è. Un tempo lontano ed ormai perso, in cui vi era forse maggiore interesse per la diversità, l’Islam era considerato una forma eretica di Cristianesimo (ovviamente è un punto di vista vero nella sua cronologia), e per diversi aspetti non erano lontani dalla verità: l’Islam accetta gran parte del Vecchio e del Nuovo Testamento, e venera sia Gesu’, sia gli antichi profeti ebraici. Potrei tracciare simili parallelismi in campo filosofico per mostrare quanto la nostra cultura e modo di pensare occidentale non siano altro che uno sviluppo antico di quella orientale (teoria orientalista).

La migliore parola per categorizzare la spiritualità, sia di matrice Islamica, sia Cristiana in queste terre è “minoranza”: Alawiti, Sciiti, Drusi, Yazidi, Maroniti, greco-ortodossi, armeno-ortodossi, giacobini (siro-ortodossi), greco-cattolici (melchidi), armeno-cattolici, siro-cattolici. E’ risaputo in campo genetico e culturale che, la dove nasce un “evento”, la vi è la maggiore diversità che viene ereditata dal tempo. E visto e considerato che si parla sempre di “geni, popoli e lingue” vi basterà osservarli per capire di quanto geneticamente misti siano i siriani: crini rossi, figure longilinee, pelli rosate o chiare come l’avorio. Andate in Siria, visitate Aleppo, visitate Damasco e capirete……

Scusate la digressione ma son stufo dell’idea dell’arabo islamico mangia infanti……
E dopo essermi tolto questo “sassolino” dalle scarpe,
possiamo iniziare con questo viaggio!!!!:

“drinnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnn”

Giovedì 19 agosto

Sveglia alle 3:30 del mattino per potersi imbarcare in tempo a Venezia. Dopo un’ora e mezzo di cammino, a 14 gradi, ovviamente congelato mi fermo poco prima di Firenze un attimo a cogliere l’alba. Ancora addormentato scatto non volendo a 3200 iso, esce questa foto porosa:

Alle 11:00 arriviamo di fronte gli uffici della Visemar, trovo una macchina con targa araba, sorrido come un ebete, ed iniziamo le pratiche di imbarco ed a mezzogiorno “apron i cancelli”. Diversamente da Mastro Geppetto, ci sentiamo felici, ingoiati dentro il ventre della Balena: La Visemar One!

La composizione dei passeggeri e’ufficiale: 70% Siro-Libano-Giordano-Egiziana, 30% nordeuropea, due italiani (noi) ed una sola moto…..
Prima figura diarroica: ore 13:00, sul ponte ci sono tutti i passeggeri, noi decidiamo di pranzare aprendo le nostre scatolette (che ci accompagneranno per tutto il viaggio in nave, per poi trasformarsi via terra nella “razione K” detta anche della “disperazione”) e ci domandiamo come mai nessuno mangi. A distanza di ore realizziamo: RAMADAN!!!!!!!!!! Archiviamo il caso come: ma sai eravamo ancora in Italia…..era l’inizio del viaggio…..il gomito ci ha fatto contatto con la rotula……il primo ministro ne ha detta una delle sue….poi la solita invasione di cavallette etc……

Mi affaccio fuori per fumare una sigaretta, guardo il mare con lo stesso sguardo ebete e contento di quando ho visto la targa araba, ed emetto il mio unico pensiero via mare: “Viaggiare è una forma di piacevolissima regressione: è tornare ad essere bambini!”; il resto del viaggio lo passo contento in modalità encefalogramma piatto.

68 ore in nave sembrano tante per arrivare a Tartus in Siria, ma son solo tre tramonti!:

Il tempo passa in fretta, programmiamo te tappe forzate per l’assalto!

eccoci, siamo pronti, domani arriviamo in Siria!!

22 agosto

ore 8:00 del mattino attracchiamo a Tartus, ci ricordano di non scattare foto, scendiamo e ci troviamo in un porto marittimo anonimo e privo di speranze. Neanche un cartello per capir quale è la via che porta all’ufficio immigrazione. Ma dopo 10 secondi di sosta si ferma la classica macchinona scassata di turno, si affaccia un arabo e ci fa segno di seguirlo, riabbraccio la cordialità Siriana e ripenso al 2006 quando ci sono stato. I termini “stato di ciniglia” (leggasi canaglia), “asse delle mele” (male) mi fanno ancora ridere a crepapelle.

Ma andiamo diretti verso il problema: LA DOGANA (qui lo stacco musicale ideale sarebbe l’attacco dei Carmina Burana con “O Fortuna”).

La dogana Siriana credo sia la peggiore tra quelle mediorientali, nulla a che fare con tutti i suoi stati confinanti, la sua ex matrice filo-unione sovietica si fa sentire proprio in questi luoghi. Per farla breve, senza quasi nessuno che ti dia indicazioni, unendoci ad una cordata di giordano-libanesi parlate arabo ed italiano, in due ore e mezzo, piu’ di 100 euro e 9 sportelli, ci permettono di entrare ufficialmente in Siria. Mi domando se nonostante non si abbia “unto” nessuno sportello, ne ci si sia affidati a nessun omino “spillasoldi”, ci abbian fregato…….. la risposta non tarda ad arrivare: medico italo-Giordano con macchina e 7 figli, 280 euro; italo-libanese, 200 euro, italogiordano con figli e macchina a diesel (tasse su tasse), 600 euro per entrare!!!!!!!!

Usciamo dal porto e tra qualcuno che si ferma volontariamente a darci indicazioni ed altri che ci inseguono pazzi scattando fotografie dal cellulare, riusciamo ad imboccare la strada verso Homs e poi direzione Damasco. Lungo la strada passiamo sotto un nuvolo di uccelli, squadro bene uno dei tanti e mi accorgo che sono cicogne(!!!), tante quante non ne ho mai viste e mai ne vedrò in vita: migliaia!
Sul gps ho caricato vecchie tracce, ma avendole compresse nel numero di punti, mi ritrovo a perdere la deviazione per Mar Musa ed a pieno carico faccio piu’ volte inversione di marcia tra le due direzioni dell’autostrada fino a trovare la retta via. Praticamente le corsie sono separate da avvallamenti larghi 4 metri e profondi al centro un metro composti di sassi smossi; grazie alle gomme tassellate goldentyre GT200 (benedette!) non ho il minimo problema!!

Prendiamo la deviazione giusta ed entriamo nel deserto sassoso siriano.

Grazie ad un vecchio waypoint fermo la moto alla base della montagna: si intravede il monastero di Mar Musa.
Mar Musa ha vissuto i tempi d’oro del monachesimo bizantino, poi è caduta lentamente nel dimenticatoio fino al suo totale abbandono nel 1830. Negli anni ottanta, grazie agli sforzi del gesuita italiano Padre Paolo dell’Oglio e della comunità cattolico-siriana, il monastero è stato restaurato e riconsacrato. Mar Musa ha tanti motivi per essere speciale ed unica: è un luogo di vera pace, nella comunità vi convivono sia cattolici che ortodossi, ha una bellissima chiesa interna dell’XI secolo affrescata.

Questa è l’unica via per accedere dentro a Mar Musa:

Mar Musa è Marte, è un’ascesa incredibile, è un gigante che dorme, è un nuovo amico

Qui le parole non valgono, bisogna esserci stati per capire di cosa parliamo!

Una delle loro missioni è l’ospitalità, qui si viene accolti con gioia ed aiutando la comunità è possibile ricevere un pasto ed un letto dove dormire. Ma affinché ciò avvenga, bisogna arrivarci a Mar Musa e percorrere tanti, tanti, tanti, gradini.
Chi mi conosce sa che in vita temo solo una cosa: la fame. Quindi non convinto di ciò che mi accadrà, decido di portarmi in spalla lungo la scarpinata la borsa contenente acqua e razione K. Arrivo in cima piu’ morto che vivo, ora sono un chiaro esempio di martire devoto, non uno stilita su una colonna, non un martire con il cilicio, non un anacoreta ascetico, ma un fesso che si è “segato” una spalla portando un sacco dal peso granitico……mi porterò questo dolore per una decina di giorni….
Alessia partecipa nella piccola chiesa ad un rito catolico-ortodosso-siriano ed ad un’ora di silenzio. Qui conosco due italiani: Luciano con la moglie che studia lingua araba e lo ”costringe piacevolmente” a viaggi di questo tipo e Marco, un viaggiatore desueto con il quale è bello parlare di libri, musica, percezione della realtà ed altro.
Do una mano a preparare la cena e dal nulla escono fuori olive, pane arabo, olio, formaggi, Zadar (mix di spezie), cetrioli ed altro……a sorpresa poco dopo dal cilindro esce un pentolone con pennette al sugo! Osservo le condizioni igieniche promiscue degli alimenti e capisco che finalmente questo è il viaggio in cui assaporerò queste terre.
Dopo cena salutiamo quel grande uomo (in tutti i sensi) che è padre dell’Oglio ed andiamo a dormire separati (è la regola monastica del luogo imposta ad uomini e donne).
Credo di stare andando a dormire…. ma mentre mi fermo su un dirupo per scattare una foto il ragazzetto tuttofare del monastero mi fa presente che a valle si sentono voci schiamazzanti e mi chiede dove ho parcheggiato la moto…… ”proprio li!” dico io. Il ragazzo mi convince che non bisogna essere tranquilli e che quindi, alle 23 suonate, è meglio scendere sotto. Lo confesso: la parte piu’ pigra di me preferirebbe essere derubata della moto che riscendere e risalire tutti i gradini in meno di 12 ore…… ma per una volta alzo il sedere e scendo giu’. In prossimità del vociare il ragazzo che mi ha accompagnato prende da terra un tubolare di acciaio lungo un metro, io lo convinco del fatto che siamo in un luogo di pace e che quindi è meglio prima sincerarsi della reale condizione e poi eventualmente valutare interventi alternativi. Arriviamo sotto: troviamo un’indolente famiglia siriana, un cui componente femmineo zoppica a causa di una caduta. Vorrei riprendere il tubolare e piantarlo in testa del mio accompagnatore: ma ancora una volta prevale la mia pigrizia. Visto che siamo li, mettiamo la moto in un garage a fianco ed iniziamo la risalita. L’unico evento che allevia l’ascesa è l’aver scoperto che a Mar Musa vi è il rospo smeraldino, “traffico” un po’ tra i cespugli e poi scatto una foto.

Dopo mezzanotte mi ritrovo nella mia cella. Provo ad asciugarmi, ma niente da fare, continuo a sudare. Praticamente da mezzanotte alle alle 4:00 del mattino sudo accompagnato dallo scricchiolio dei tarli che banchettano sulle travi superiori. Alle 4:00 mi addormento ed alle 5:00 suona la veglia. Ad Alessia non è andata meglio, notte in bianco in compagnia di una zanzara.

23 agosto

salutiamo un cane con il naso mangiato dalla leishmania e partiamo alla volta di Damasco. Entrato in città mi chiedo se non sono andato a finire da un’altra parte (nel 2006 l’entrata a Damasco ed Aleppo fu epica…..un impatto netto con il traffico delle metropoli orientali). Non ritrovo nulla di tutto questo e realizzo l’accaduto pronunciando la parola magica: Ramadan!!! Praticamente città deserte sino alla tarda mattinata, poi un po’ di attività durante il giorno in cui non si mangia, non si fuma e non si beve, poi verso le otto di sera si sente il Muezzin comunicare la fine dello Swam (digiuno)….un millisecondo dopo le strade sono deserto in città per un’oretta, il tempo di rifocillarsi, poi tirano tardi sino alle 3:30 del mattino quando il muezzin inizia riavvisarli del fatto che sta per farsi alba e re-inizia lo Swan. Tornerò in seguito a parlare dei vantaggi-svantaggi del Ramadan.

Seguoi il waypoint del gps e decidiamo di dormire, come accaduto 4 anni fa, nel Gran Syria Hotel. Contratto (malamente) il prezzo e ci alloggiamo nell’unica stanza libera e puzzolente sul tetto.

E’ ancora mattina presto quindi decidiamo di fare un salto al suq (mercato) di Damasco.

Nel Suq vedo la luce:

Nel frattempo nell’intero quartiere cala un black out energetico e quasi moriamo asfittici lungo le vie del suq causa le esalazioni dei generatori per far illuminare i negozi. Il suq di Damasco è come New york: non si ferma mai!
Facciamo un salto al quartiere Cristiano (una differenza netta tra islamici e cristiani c’è: è l’igiene e la pulizia). Di fatto mi fermo di fronte ad un kebabbaro cristiano (par condicio, visto che nel 2006 aveva avuto la meglio uno Islamico, il kebabbaro della Morte di cui in seguito vi parlerò diffusamente). Contratto il prezzo che mi sembra eccessivo, lui si risente anche un po’, ma mai quanto me quando lo vedo all’opera: è un vero artista, e mi confeziona con devozione un’opera d’arte la quale mi fa vergognare di aver discusso a riguardo del suo costo di 1.5 euro.
Torniamo nel primissimo pomeriggio nell’Hotel, e ci ricordiamo che la notte precedente non abbiamo dormito. Perdiamo coscienza e per due ore abbandoniamo questo mondo.

Riusciamo, abbiamo bisogno di moneta locale e decidiamo di andare a cambiare i soldi in un ufficio preposto. Entro, chiedo: “quanto è il cambio?”, mi rispondono “45 lire siriane per un euro” (stava a 59 Llire), gli rido sgarbatamente in faccia e ce ne andiamo. Rifacciamo un giro nel Suq e decidiamo di prendere una spremuta di melograne, ovviamente in bicchieri di carta e senza ghiaccio per evitare eventuali “squaraus”.

Facciamo un salto a vedere la bellissima moschea degli Omayyadi, il piu’ importante edificio religioso del paese.

Dal punto vista della sacralità e seconda solo alla moschea della Mecca e di Medina (cosi dicono ed io ci credo).

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