Quinta puntata: La Transfagarasan, L’ accampamento Rom, Brasov e il Parco Naturale dei Monti Bucegi.
Ritocchiamo l’asfalto nel piccolo villaggio di Cainenii Mare. Dopo aver rischiato di fracassarci le ossa giù per un dirupo nel vano tentativo di seguire le tracce del TET (Trans Euro Trail – Europe’s Dirt Road Adventure). Una volta appurato il nostro livello di svogliatezza enduristica decidiamo di tornare indietro e cercare strade alternative e soprattutto meno pericolose per raggiungere la 7C, la famosa Transfagarasan.
Fabio il Saraceno decisamente in giornata si esibisce in tre tuffi niente male. Notevole è quello effettuato con la moto bloccata con l’anteriore in un canalone di terra, la sella usata come trampolino e il Saraceno che dopo una mezza piroetta si spalma a terra a 4 di spade.
Scendiamo mogi e abbacchiati verso Sud su asfalto. Il ritornare indietro un po’ brucia a tutti, soprattutto al Profeta Elia che vede macchiato il suo profilo professionale su LinkedIn da troppi kilometri di asfalto. Quando si ferma iniziando il suo solito sermone per richiamare i fedeli del tassello rumeno a se, lo blocchiamo subito e con grossi cenni del casco gli facciamo capire:
“Sì hai ragione, riprendiamo il fuoristrada”.
Contento come un bambino, dopo 3 giri di moto in un pratone verde smeraldo con sullo sfondo dei cavalli al pascolo, si porta avanti a tutti e con un “Seguitemi!” ci riporta fuori, lontano dall’asfalto, nel bel mezzo dei monti Monti Cozia.
Guidiamo finalmente di nuovo pimpanti e strombazzanti verso Sud-Est per arrivare a Curtea de Argeș, la città da cui verso Nord inizia la Transfagarasan. Il nuovo percorso appena inventato da Elia, dopo aver attraversato qualche collina irta, sbuca su una brecciata larga e polverosa.
Filiamo lisci e a velocità leggera galleggiamo su questo nastro morbido affondando i tassalli nella breccia attraversando paesini fatti di 6 case, scollegati da tutto e uniti tra loro solo da una ragnatela di fili elettrici sospesi tra i pali della luce.
La Transfagarasan
La Transfagarasan è una delle strade più bella d’Europa. Anzi, quando sui vari siti di settore si leggono le classiche classifiche “Le strade più belle del Mondo”, “le 10 strade da percorrere almeno una volta nella vita” certo è che La Transfagarasan difficilmetne mancherà dalla lista.
Chilometri di curve che attraversano i monti Fagaras, da cui questa strada prende il nome, appunto: Trans-Fagaras, si guida totalmente immersi in parchi naturali di rara bellezzza, vallate che si aprono improvvise, tappeti di boschi fitti che bagnono le radici nelle acque azzurre del lago Vidraru e poi il gioiello del piccolo Lago Balea. Fu fortemente voluta dal dittatore Nicolae Ceauşescu che negli anni ’70 la fece costruire in poco tempo per assicurare al suo esercito un facile passaggio tra i Carpazi in caso di invasione sovietica.
Arrivarci però in un weekend di bel tempo in piena estate è stato uno degli errori più grandi di tutto il viaggio in Romania. Quella che doveva essere una giornata di puro godimento motociclistico si trasforma in un incubo metropolitano da tangenziale ingolfata.
Un migliaio di mototuristi ci sfilano da tutte le parti, qualche moto da strada e un buon 80% di BMW GS con 3 bauletti rigorosamente originali, poi camper e auto in fila indiana a passo di lumaca.
È metà agosto e metà del turismo rumeno è qui. Abbastanza scocciati mandiamo giù bocconi amari di incazzature fin sotto le curve che conducono al castello di Poenari.
A differenza del castello di Bran, quello di Poenari è il vero castello del rispettabilissimo illustrissimo Sig. Dracula, all’anagrafe Vlad III di Valacchia o Vlad l’Impalatore per quelli che se lo sono trovati alle spalle. Costruito per controllare il passaggio in questa gola della Valacchia, non ne resta che un piccolo rudere.
Poco più su una diga argina le acque del lago Vidraru. Qui ci fermiamo frastornati in mezzo alla caciara generele e cerchiamo di fare il punto. Certo è che non possiamo proseguire così, a nessuno di noi 4 va.
Un piccolo tunnel attira la nostra curiosità. L’interno è un esofago nero non asfaltato che oltre alle nostre moto ingoia altri turisti che al buio non vediamo e rischiamo di investire. Dall’altra parte pace e tranquillità. Qui l’asfalto finisce e con lui anche il casino dei vacanzieri. Continuiamo a circumnavigare il lago Vidraru verso Nord guidando sulla sponda occidentale. Pozzangheroni e fitta vegetazione ai lati ci regalano finalmente un po’ di piacere in sella.
Il tutto però svanisce relativamente presto ed una volta finita la sterrata e rientrati sulla Transfagarasan riecco il traffico di prima. Ok, è il momento di trovare una non-strada alternativa. Lasciamo allora decide all’Afghano che c’ha fiuto per il disagio e ce lo conferma non appena imbocca una deviazione verso Est che ci avrebbe condotti a Brasov. Nemmeno il tempo di pentirsi e già ecco che ci siamo persi.
I pali della luce
Dallo specchietto retrovisore riesco a vederlo e sentirlo. Un mormorio avvilito fa da sottofondo al suo convulso gesticolare con l’indice prima verso Andrea L’Afghano che aveva preso l’iniziativa, e poi verso me e Fabio il Saraceno che inspiegabilmente lo abbiamo seguito.
Elia il Profeta evidentemente turbato si ritrova per la prima volta in vita sua perso e lontano dalle sue tracce e dalle sue sicurezze religiose. Non riesce a raccapezzarsi con il gps e nemmeno con le mappe, è smarrito come Dante nell’incipit del Primo Canto dell’Inferno e vedendo i suoi occhi cercare rifugio e salvezza, come un novello Virgilio rumeno, lo tranquilizzo pronunciando con autorevolezza queste parole:
“Seguiamo i pali della luce, ci condurranno sicuramente in qualche paese”.
La mia intuizione e la sensibilità con cui ho trovato la soluzione mettono in pace il cuore del Profesta smarrito, mentri gli altri due compari di viaggio si accodano senza fare troppe storie.
La guida è tutt’altro che facile e spesso siamo costretti a ritornare indietro e ritentare seguendo altri sentieri. Unico punto fermo sono i pali della luce che fanno capolino tra le fronde degli alberi. Cerchiamo di chiedere informazioni ai pochi pastori di passaggio che prima che riuscissimo noi a domandare “come uscire da questa situazione?” erano loro a chiderci “ma come ci siete finiti?”.
L’ accampamento Rom
A cavallo delle moto quattro cavalieri erranti sono fermi sotto le nubi nel grande spiazzo polveroso, poi la strada si restringe e si fa largo tra gli steccati che recintano l’abitato. Certo è che il villaggio a cui ci avrebbero condotti i pali della luce non è proprio come ce l’eravamo immaginato.
Più che un villaggio quello che ci si para davanti, un agglomerato di casupole e capanne con muri di cemento e tetti di vecchio eternit e legname, sembra essere un accampamento rom. Giocattoli a terra, vestiti multicolori appesi ad asciugare ai fili, signore paffutelle, uomini a torso nudo e bambini ovunque.
Un quantomai prevenuto e sincero “Uè bauscia, qua ci ciulano tutto” pronunciato in maniera preoccupata da Elia ci mette, non a torto, in allerta. Un piccolo varco si apre tra la calca di gente che andava addensandosi attorno a noi e il Profeta parte a razzo, esce dal villaggio-accampamento gira la curva e poi tira la prima, tira la seconda e scrach: un fracassarsi di carene e pietre.
Dietro la curva un’antipatica salita di pietre e in cima il Tenere di Elia a terra, mentre lui in piedi con le mani giunte che dondolano verso la moto quasi a dirle “ma come sei caduta?”
Lo raggiungiamo e lo aiutiamo a tirare su la moto. Da sotto, dall’ultima casa del villaggio dove si sono radunati tutti i rom, chiassose e sguaiate risate troneggiano e ci sbeffeggiano fino a quando non riusciamo a rimetterci in marcia.
Oltre la collina vediamo la luce, una strada e delle case normali, un bar dove prendere un caffè e un cameriere che ci indica la strada più semplice e tranquilla per Brasov. Si fa per uscire dal bar ma un rombo di motori proveniente dalla TV attira la nostra attenzione: la Motogp!
In un lampo recuperiamo un tavolo, 4 sedie e 4 birre. Si corre in Austria e la gara è un susseguirsi di emozioni al cardiopalma. Ultimo giro mozzafiato con Marquez che tenta fino all’ultima curva di passare Dovizioso che non molla il gas e taglia il traguardo: “Primooooooo!!!”
“DesmoDovi Primooooooo!!!”
Bran e Brasov
Giunti all’altezza di Bran ad accoglierci una massa informe di turisti che sembra ci sia stato un concerto gratuito di Vasco Rossi, Nek, i Guns N’ Roses con il Banco del Muto Soccorso a fare da gruppo spalla. Una moltitudine di cappellini, ombrellini, cartoline, selfie, sandaletti con il calzino e souvenir di tutti i tipi che riempiono le bancarelle arrangiate davanti all’entrata del Castello di Dracula.
Va detto che il castello di Bran NON è il castello di Dracula. Quello vero si trova a Poenari. La fortuna della fortezza di Bran, che lo ha reso famoso tanto da essere considerato il castello del nostro caro Vlad Ţepeş, è che è stato fonte di ispirazione per lo scrittore irlandese Bram Stoker che scrisse il romanzo Dracula, da cui poi è stato tratto anche il film diretto da Francis Ford Coppola.
Risaliamo come salmoni spastici l’immane ingorgo di autobus e automobili lungo esattamente 30km, quelli che separano la piccola cittadina di Bran dalla principale città della regione Brasov.
Seguiamo le indicazioni del cameriere del bar in cui abbiamo assistito al trionfo di Doviziono in Motogp e mentre il cielo si annuvola entriamo nel centro cittadino di Brasov con gli occhi fissi su una gicantesca scritta che campeggia a lettere cubitali di Hollywoodiana memoria sulla cima del monte Tampa. Una pioggerellina londinese, nuvole basse e atmosfera tetra danno un color cinerario alla scena.
Parcheggiate le moto ci concediamo un giorno di riposo e relax per visitare la città. Rigorosamente in teleferica facciamo la nostra ascesa al monte Tampa, quello dove campeggia la scritta tutta maiuscola BRASOV, e da cui si ha una bella vista su tutta la città. Due passi al cimitero vicino la bella chiesa di San Nicola, e un po’ di struscio serale nei locali in centro.
Parco Naturale dei monti Bucegi
Tutta questa vita cittadina, queste giornate di cultura e musei, questa movida notturna di bar e pub inizia a stancarci. Noi luridi villici italici non siamo abituati al divertimento e al benessere. Sentiamo l’esigenza di allontanarci dalla cività, ritornare a contatto con le ancestrali tradizioni discendenti dal nostro avo Homo Neanderthal.
Via da Brasov, via dalla città, via dalla civiltà! Andiamo via lontano da qui il prima possibile. Il posto più wild che troviamo sulla mappa è il Parco Nazionale dei monti Bucegi.
I Monti Bucegi sono un complesso monumentale di montagne e picchi innevati la maggior parte dell’anno. Isolati e solitari, difficili da raggingere ed impervi da attraversare sono il luoghi ideale per dei fuggiaschi come noi scappati dalle fauci del turismo di massa e dalle grinfie della civiltà. Li affrontiamo a cuor leggero e con il sorriso sfacciato di chi sa che non ha nulla da perdere non avendo mete da raggiungere.
Sembra di essere nel paradiso dei motoviaggiatori. Strade sterrate infinite che si allungano oltre l’orizzonte, attorno aspre cime collegate tra loro da tappeti di verdi prati su cui soffia un vento che li fa sembrare come un mare increspato. Siamo totalmente isolati tranne l’incontro con un pastore a spasso con il suo gregge e una comitiva di rumeni in giro con l’ormai classico carretto di legno trainato da cavalli. Un piacere che sembra atemporale visto che guidiamo senza riferimenti alcuni da ore e non sappiamo più dove siamo collocati, nè sulla mappa, nè sul calendario.
Elia il Profeta che si era allontanato guidando più veloce di noi distanziandoci non poco, lo ritroviamo in questa posizione plastica. Scendiamo di corsa correndo verso l’arbitro al grido di “Rigore per la Juve!” Poi preoccupati ci voltiamo verso Elia e si fa per aiutarlo quando ad urla febbrili il Profeta ci intima di fermarci: “Devo capire come diavolo sono caduto!”
Dopo due ore di calcoli e ricostruzioni con l’ausilio del VAR non riusciamo a venirne a capo, scrolliamo le spalle, rimontaimo in sella e riprendiamo la strada. Dobbiamo iniziare a cercare un posto dove passare la notte.
La Woodstock Rumena
Lasciamo le vette del Parco Nazionale dei Monti Bucegi e dopo questa escursione offroad in equilibrio tra le creste che toccani i 1800 metri di altezza iniziamo la fase di discesa a valle. Da lontano si intravedono le acque del Lago Bolboci. Ancora boschi e fitte chiome di alberi poi un fiume scorre lento nel mezzo della vallata. Odore di carne alla brace e birra a ettolitri, fumo di fuochi da poco spenti, mille tende incastrate come i pezzi del Tetris, in pochi sono rimasti in piedi e si trascinano come zombie allo stato brado, altri corpi umani sparpagliati a casaccio e fermi in posizioni esilarnati nell’ultimo atto di attività prima di cadere nel sonno sommerso di una sbronza colossale.
Proseguiamo dritti senza fermarci come se stessimo attraversando un set di un colossal post apocalittico. In pochi si sono accorti di noi. La vallata si chiude, ricomincia la macchia verde del bosco rumeno, il pomeriggio volge al termine portando con se il primo freddo e la paura di dover passare la notte in tenda mentre fuori girano gli zombie della Woodstock Rumena.
Il primo che avvista il grande caseggiato bianco è Fabio il Saraceno. É ormai quasi sera e non abbiamo scelta, dobbiamo dormire qui. Un silenzio sospettoso ci invita però alla calma e a perlustrare la zona, prima di chiedere ospitalità per la notte imminente. Si sentono sottili voci silenziose di fanciulle, e cosa preoccupante, ci sentiamo osservati. Piccoli e dolci occhi fanno capolino dalle finestre, poi improvvise figure incappuccate spariscono nascondendosi leste.
Avanziamo intimoriti tutti e quatro vicini, spalla a spalla, guardandici mille e più volte da tutti i lati ed ogni piccolo rumore è un sobbalzo di paura e sgomento. Una mano femminile fa capolino dalla porta, l’indice ci punta, poi ci invita ad entrare. Non si vede nessun altro mentre si percepisce la presenza di qualcuno. Fabio il Saraceno spavaldo e ammaliato dalla dolce mano si lascia trascinare ed entra per primo, noi amici fedeli “col cazzo che lo seguiamo!”
10 minuti, nulla. 20 minuti interminabili e poi la voce di Fabio che sull’uscio della porta si affaccia, strabuzza gli occhi, ci ammicca e dice: “Entrate, venite a vedere, non ci crederete mai”.
La notte più dolce è quella che non si può raccontare perchè rimane tra i capelli spettinati dei sogni che si ricordano al mattino. Un centinaio di sorelle che sorridono coprendosi la bocca con le mani, gote rosse e in evidente imbarazzo per la presenza di questi strani ospiti arrivati qui in moto nel loro convento isolato e nascosto dai boschi di questa sperduta regione delle Romania.
Ci attende la notte più dolce di sempre, la notte che la si racconterà agli amici una volta tornati a casa, la notte che tutti gli enduristi in viaggio sognano.
E la sesta puntata?
ciao Marco
presto la sesta puntata sarà online!