Quarta Puntata: Kizil Art, Uy Buloq Pass e Ak Baital Pass – Murghab.
Risveglio a Peak Lenin
Mi sveglio prima dell’alba con la pelle del viso cristallizzata dal freddo, faccio per muovermi e sento scricchiolare tutte le giunture rattrappite, al primo sbadiglio mi si crepano le labbra ormai viola scuro. Anche Tiziana e l’Afgano si svegliano e a fatica ci scrolliamo di dosso lo strato di brina che ricopre i nostri sacchi a pelo. Usciamo dalla tenda e troviamo gli altri semiassiderati. Un thè caldo a scaldare le mani e qualche biscotto secco e con le dita che quasi si spezzano smontiamo il campo e via verso Sary Tash, il paese più vicino dove andare a riscaldarsi un po’.
A Sary Tash restiamo per ben due ore rifugiati al calduccio nello stanzone di tappeti, polvere e muffa di un micro-market. Fuori delle bambine che giocano con aquiloni fatti con buste di plastica. Esco per fargli una foto e si mettono in posa che sembrano le Charlie’s Angel del Pamir.
Kizil Art e Uy Buloq Pass
Il Kizil Art Pass separa il Kyrgyzstan dal Tajikistan. La M41 è solo una pista rossa battuta che sale fino al valico di frontiera di Bordobo. Qui inizia uno stillicidio economico senza precedenti. Paghiamo per qualsiasi cosa: importazione della moto, permesso speciale di non so cosa e addirittura un certificato di disinfestazione della moto… pazzesco!
Prima di ripartire per affrontare la vetta siamo costretti a vestirci di tutto punto perchè si sale parecchio di quota e il freddo si fa sentire. Visti i miei problemi di carburazione tolgo il filtro aria e lo sostituisco con una fantastica calza da donna colore nero… si oggi ma va di metterle nere.
Affrontiamo prima il Kizil Art Pass a 4336 metri di altezza e poi il Uy Buloq Pass a 4232 metri costeggiando il lago Karakul con delle scintillanti acque di un azzurro cielo.
Facciamo una pausa nell’inesistente villaggetto di Karakul un po’ spossati dall’altitudine. L’Afgano e Nonno Peppe non se la sentono di proseguire, Tiziana e Francesca accusano mal di testa forte. Loro prendono una stanza da una signora e decidono di fermarsi per la notte. Io e Riccardo che ancora ardiamo nel petto di enduro decidiamo di passare la notte vicino Jingajir un puntino anonimo sulla mappa che si trova sulle rive del lago. Lasciamo gli altri riposare dandoci appuntamento per la mattina seguente.
Abbandoniamo la M41 per seguire un sentiero in disuso per capre esperte e tenendoci vicino il corso di un torrente che prima o poi dovremmo guadare cerchiamo un posto tranquillo dove passare la notte. Dopo un’oretta di off-road ci fermiamo, guadiamo sto benedetto fiume che l’acqua è gelata e montiamo la tenda.
Il Giardino dei dinosauri di pietra
Stranamente e con un certo stupore da parte di tutti noi riusciamo ad incontrarci nel mezzo del nulla della M41. Senza perdere tempo facciamo strada fin sotto il Ak Baital Pass. E’ il passo più alto che affronteremo durante questo viaggio, si trova a 4655 metri di altezza. Soffia un vento freddo che ci convince ad indossare quel che resta dell’abbigliamento che è rimasto nelle borse ormai vuote.
Le moto salgono su che è una bellezza, forse supportate dal nostro entusiasmo. In cima fa davvero freddo ma in compenso il cielo è di un blu limpido e i colori sono così tersi da rendere di un puro quasi idilliaco la bellezza di questo paesaggio.
Superata la cima la strada attraversa una vallata circondata da montagne di roccia aspra nera, rossa, grigia. Teste di dinosauri, carapaci di testuggini, code di rospi, sembra di attraversare un gigantesco giardino di mostri di pietra. Eppure nonostante il timore che incute a pelle c’è un senso di bellezza in questo paesaggio.
Sono solo pietre, sono solo rocce, ma come fanno ad essere così belle queste montagne?
La maledizione di Murghab
Arriviamo a Murghab abbastanza presto e con ancora qualche ora di sole e di strada da fare.
– Ci fermiamo solo per fare benzina, pausa pipi-sigaretta e poi via. Daccordo?
– Si!
Nei nostri progetti Murghab doveva essere solo di passaggio, giusto il tempo di fare rifornimenti e poi dirigerci ad Est verso Rangul per arrivare il più vicino possibile al confine cinese.
In città c’è una strana serenità, una pace che non ti aspetti, un’assenza di rumore di motori accesi. Vediamo un’auto ferma e diamo una mano al conducente che in russo ci spiega il problema, ma che noi ora proprio non capiamo. Solo qualche minuto più tardi metteremo a fuoco questi indizi e tutto ci apparirà più chiaro:
E’ finita la benzina!
Non possiamo crederci e in modo convulso e disarmonico giriamo come mosche impazzite per i benzinai della città. Dopo un’ora e dopo aver consumato mezzo serbatoio ci arrendiamo e rimandiamo a domani la partenza da Murghab. Ci sediamo all’ombra di un muretto e sfogliamo la guida cercando una guest-house che faccia al caso nostro.
La scelta cade sulla povera guest-house di una signora che ci risulta simpatica, e poi è vicina al market dove vendono birra e ad un albergo molto costoso che poi è il punto di riferimento delle agenzie che organizzano tour da queste parti.
Una volta prese le stanze compriamo delle patatine e un po’ di birra e con l’ asciugamano in spalla ci accomodiamo ai tavolini dell’albergo. Fingendoci illustri ospiti, ci intrufoliamo e a turno ci facciamo una doccia.
Qui conosciamo un po’ di viaggiatori e finti viaggiatori. Ciclisti, motociclisti, automobilisti, qualcuno che sta partecipando al Mongol Rally, e poi conosciamo anche Mirko.
Mirko sta affrontando in bici il giro del mondo. Ma lo sta facendo in modo particolare e tutto suo. E’ il primo ciclista che sta facendo il giro del mondo senza pedalare, in pratica scrocca passaggi lungo la strada caricando la sua bici. E’ partito da Milano e in 8 mesi ha percorso solo 1700 kilometri, un vero record.
Troviamo anche un gruppo di italiani partiti con un viaggio organizzato da un tour operator nostrano con alcune moto caricate sul forgone di assistenza perchè la M41 per alcuni tratti è impraticabile.
Meno male che noi l’abbiamo evitata facendo solo strade secondarie.
E’ l’11 Agosto 2015, la Notte di San Lorenzo. Usciamo a cena e poi ci gustiamo il cielo superstellatissimo aspettando una stella cadente, aspettando tutti di esprimere un unico desideri: B e n z i n a !
La cena di involtini farciti di grasso e carne di montone e cipolla viva ci rimane a tutti sullo stomaco riservandoci una nottata di incubi paurosi ed orrendi.
Il giorno successivo rifacciamo il giro dei benzinai, ma nulla. La benzina non c’è. Ma la cosa più preoccupante sono le voci che circolano in città. C’è chi dice che arriverà a pranzo, nel pomeriggio, domani, dopodomani, la prossima settimana, il benzinaio pessimista cosmico invece è convinto che il mondo s’è dimenticato di Murghab e dei suoi abitanti. Gli rispondo che non se l’è dimenticato… secondo me non l’ha mai saputo dell’esistenza di Murghab!
Ammazziamo il tempo giocando a pallavolo con i locals, passeggiando tra i vicoli, facendo un salto al bazar fatto di container e pezzi di autobus. E così per un altro giorno interno. Veniamo poi cacciati dalla guest-house prenotata da una comitiva di turisti.
Siamo sotto il sole cocente, senza benzina e senza una casa.
Elemosiniamo della benzina ad un tour operator italiano che avendo un furgone al seguito riesce a mandare qualcuno a prendere delle taniche con cui rifanno il pieno ai loro GS.
Purtroppo un loro “No” addolcito da alcuni “ci dispiace molto” ci lascia con l’amaro in bocca.
“Ok, forse è colpa nostra, forse chiedergli di comprare un centinaio di litri era troppo. Forse si.”
Ma un nostro amico Australiano, anche lui appiedato da giorni, ne aveva chiesti solo 5. Solo 5 per poter arrivare al benzinaio di Sary Tash. Anche lui ritorna amareggiato al nostro tavolo con un “No, ci dispiace molto”.
Gli offriamo la poca benzina rimasta nei nostri serbatoi. Lui rifiuta gentilmente.
Gli offriamo allora della birra, lui accetta e ci beviamo su.
“Mha… ‘sti turisti! … gente strana.”
Strani movimenti attorno all’albergo attirano la nostra attenzione. Il proprietario è riuscito a procurarsi della benzina al mercato nero che ci rivende ad un prezzo infame: quasi 2 euro a litro! (C’ sua)
Ne compriamo per riempire i serbatoi, alcune bottiglie e una tanica. Spendiamo un capitale (Arimortacci sua) ma siamo felici, contenti… finalmente possiamo lasciare la città.
E con i clacson strombazzanti e il dito medio alzato diciamo addio a Murghab.
Un addio invece che si rivelerà essere un amaro arrivederci.