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Quinta Puntata: Dubai e la difficilissima fase di rientro.

Dubai – Sky Cargo – Dubai

31 agosto

E’ da quando ho iniziato a scrivere questo resoconto del viaggio in Oman che mi domando se mai sarei arrivato fino a questo punto o se mi si sarebbe sciolta la tastiera prima di finirlo e se, una volta arrivato a questa data fatidica, il 31 agosto 2009, avrei avuto la forza di raccontare le gesta e le sofferenze (come se non fossero bastate le precedenti) che i nostri eroi dovettero affrontare per assicurarsi il rientro in Patria.

I fatti: il pakistano ci aveva detto di presentarci alle 09,00 nella zona Cargo dell’aeroporto per espletare le velocissime pratiche per il reimbarco dei mezzi. Alle 08,45 già siamo lì davanti dopo aver passato due controlli doganali pur non dovendo partire. Portiamo addosso 4 kg di fogli svolazzanti e spiegazzati, documenti scritti in 24.000 lingue e idiomi, a cui si aggiunge anche il “pass” della sicurezza, ma abbiamo ancora il sorriso sulle labbra. Ci presentiamo al magazzino dove il pakistano e i suoi sgherri dovranno provvedere all’imballaggio delle moto all’interno di due casse di legno.

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Arriva questo drappello cosmopolita così composto: il pakistano (che Maometto lo strafulmini ovunque egli sia e che se sopravvive scopra che il suo paradiso è popolato da tagliaboschi siberiani allupati), due Talebani sicuramente più avvezzi al maneggio di Kalashnikov e lanciagranate che di chiodi e martello e poi l’unico degno di rispetto: un indiano peloso come una scimmia che è il “carpentiere” titolare della banda.

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Squadrandoli ad uno ad uno comprendiamo che se le moto arriveranno a Fiumicino sarà solo per intercessione di Dio, Buddha e Allah messi insieme. Iniziano i lavori e il Moro, adducendo puerili scuse sulla intonsa vernice metallizzata del suo serbatoio, convince tutti ad iniziare ad inscatolare la mia. Attenzione: fa un caldo bestiale, stiamo su un piazzale d’asfalto che ribolle sotto il sole, circondati da camion asfissianti che fanno la spola da un magazzino all’altro e sono già 4 ore che è iniziato il Ramadan quotidiano. Una precaria base lignea prende la sua sghimbescia forma per accogliere la prima moto.

Mentre i due Talebani smartellano come ossessi piegando e buttando più chiodi di quanti ne riescano a infilare correttamente, io e l’indiano corriamo imprecando da una parte all’altra per impedirgli di piantarli dove non serve, tipo nel serbatoio, nelle gomme o nelle dita. Se gli avessimo dato due mitragliatrici calibro 20 avremmo rischiato di meno. Non sanno nemmeno come assicurare la moto alla cassa. Alla fine gli suggeriamo il sistema.

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Si passa alla moto del Moro seguendo la stessa identica precaria procedura: imprecazioni, sega, maledizioni e martello. All’ennesima martellata assassina, pure l’indiano si rompe le palle dei due talebani e li manda anzitempo in moschea….Continua da solo, senza bere un goccio d’acqua per ore. Lo ammiro sinceramente. Daniela assiste e vorrebbe imporgli una sorsata d’acqua dalle nostre bottiglie ma lui rifiuta stoico. Respect Brother!

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Il Moro, vigliacco, intanto si è fatto invitare all’interno degli uffici e riemergerà dopo un altro paio d’ore fresco come una rosa. Prendiamo il camioncino e andiamo in banca a prendere i soldi pattuiti per le pratiche di spedizione. La cifra è quella ragionevolissima già concordata ma decidiamo di pagare a pratica ultimata e notiamo il pakistano (che gli possa venire la diarrea a vita) un po’ nervosetto e falsamente ossequioso.

Ma noi felici di salire sul camion diretto agli imbarchi cargo ancora lo trattiamo amichevolmente.

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Le casse vengono scaricate e ora tocca al controllo della polizia doganale…ci domandiamo come possano farlo visto che ormai le moto sono imballate e con loro i bauletti, stretti in una morsa di legno e ferro. Come fanno? “Aprire bauletti!” … “….????… Capo, ma non ci si riesce, sono bloccati dalle tavole di legno!!” … “APRIRE BAULETTI!!!” Il sudore ci cola fuori insieme alle parolacce pronunciate sommessamente mentre scardiniamo le tavole e allentiamo le corde per permettergli di infilare le mani nei bagagli. Appena gli capita tra le mani un assorbente di Daniela, purtroppo ancora inutilizzato, approfitto e strillo querulo “MY WIFE! MY WIFE!” Quello manco avesse toccato della cacca ritira la mano e ci dice “Tutto ok potete andare”. Infischiandocene del Ramadan, appena fuori ci attacchiamo ad un distributore dell’acqua e, per brindare a quella che ci pare la fine dell’odissea, ce ne scoliamo due galloni a testa. Pensiamo sia tutto finito, invece il peggio deve ancora arrivare.

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Il pakistano tutto mellifluo ci conduce servile negli uffici della Emirates per il pagamento dice “degli ultimi pochi euro come tasse d’imbarco”. Lo seguiamo… Ci dicono il prezzo. Meno male che io e Daniela stiamo seduti. Il Moro in piedi barcolla e s’appoggia bianco come un cencio al bancone. Daniela salta alla giugulare del pakistano e lo vorrebbe scannare su due piedi. Lui che fino a pochi minuti prima la chiamava “Madame Daniela” e non c’aveva problemi a rivolgerle la parola, diventa integralista tutto insieme, s’allontana timoroso e non la guarda neppure. Ci ha ingannati!!! Ingannati? C’HA PRESO PER IL CULO!!!! Maledetto!!! Ci aveva assicurato che il suo prezzo era comprensivo di TUTTO. Lo prendo a male parole e lo paghiamo meno di quanto pattuito e siccome rischia pure qualche pizza in faccia, incassa e se ne va. Alla fine di estenuanti trattative e grazie anche all’intercessione preziosa di Pier e Maria (un funzionario della Emirates) che fa fare un nuovo conteggio a noi più favorevole di pesi e misure, riusciamo ad arrivare ad un prezzo da sudori freddi ma non da morte immediata. Dopo 11 ore estenuanti paghiamo, ci facciamo fuori un vassoio di roba da mangiare offerto dalla Emirates per la fine del Ramadan giornaliero e ci avviamo a piedi verso la tangenziale che conduce a Dubai. Fermiamo un taxi al volo e ci facciamo riportare in albergo.

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Missione compiuta: le moto partiranno il primo settembre… noi c’è mancato poco che rimanevamo lì a Dubai stecchiti.

Dubai

01 Settembre

Siamo appiedati. Ci arrangiamo alla meno peggio cercando di saltare da un’ombra all’altra ed entrando in negozi dove mai ci saremmo sognati di entrare… ma hanno tutti l’aria condizionata a 18° e se si riesce a non collassare per lo sbalzo di temperatura, si ha il tempo di rifiatare e riprendere le forze per il balzo successivo, verso altra ombra o un altro condizionatore. Trovare da bere è praticamente impossibile: essendo orario di Ramadan tutti i negozi di alimentari sono chiusi. Solo dopo ore troviamo un supermercato e compriamo acqua e succhi che ci precipitiamo a bere di nascosto in un vicolo laterale deserto.

La situazione, con l’avanzare del giorno, diventa insostenibile, e complice pure la mia ciabatta che, rompendosi, decide di abbandonare la lotta, ce ne torniamo con la coda tra le gambe in albergo per riuscirne a sera. Dirigiamo verso il vecchio porto ingombro di merci e improbabili mercantili che immaginiamo trasportino più merci di contrabbando che merci regolari.

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Gli equipaggi a bordo sono i pronipoti o, più facilmente, i fratelli dei pirati della Malesia ma gli faccio ugualmente un cenno e loro, indicandomi una malferma scaletta di legno unto, ci invitano a bordo… Mammamia!!! Mo’ che facciamo? Accettiamo? Certo che accettiamo e, non si sa come, riusciamo a portare su pure Daniela, più spaventata dalla scaletta che dai pirati malesi.

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Sono talmente sudato e schiumante che manco mi danno la mano per quanto schifo gli faccio. Si stanno preparando per la fine giornaliera del Ramadan ma ci fanno fare il giro del mercantile e il comandante ci offre pure dell’aranciata, intrattenendoci con i racconti dei tentativi di abbordaggio subiti dai pirati somali nel golfo di Aden. Gli chiedo se loro rispondono al fuoco…mi dice di no ma le facce dell’equipaggio puzzano ancora di polvere da sparo.

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Scendiamo, girovaghiamo sul molo, ci affacciamo sul Creek e prendiamo uno dei tanti battellini che portano sull’altra sponda… è buio quando ridotti a stracci bagnati riguadagniamo l’albergo per la nostra ultima notte in terra d’Arabia.

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Spedire una moto a Dubai

Dubai – Roma

02 Settembre

Mi svegliano presto pure stamattina. Prendiamo un taxi per l’aeroporto. Troviamo subito le indicazioni per il nostro volo al “centesimo e qualche cosa” gate rispetto agli oltre 300 presenti nel gigantesco aeroporto. Dagli immensi finestroni si scorgono file ininterrotte di Boeing in rullaggio in attesa del proprio turno per le oltre 100 destinazioni sparse nel mondo: Singapore, Kuala Lumpur, Parigi, Los Angeles, Thiruavananthapuram (!!!!), Mumbai, Londra, Dar el Salaam, Peshawar, Toronto, Roma…è fantastico osservare le persone che ci circondano. Ci sono rappresentati tutti i colori e le lingue del pianeta…. Ce ne stiamo beati stravaccati sulle poltroncine quando un vicino, forse incuriosito dal nostro italiano perfetto, attira la nostra attenzione: “Ma dovete andare a Roma?…guardate che hanno appena detto che il gate non è questo…”. Cominciamo a correre verso l’altro lato dell’aeroporto (sono km!!!) capendo durante il tragitto cosa è successo… UNA CATASTROFE! Una delle fantasmagoriche, gigantesche fontane con cascata che adornano l’aeroporto si è probabilmente sfondata e l’acqua ha inondato decine di gates. C’è un esercito di inservienti muniti di strofinacci e macchine per l’aspirazione dell’acqua che con una coordinazione da parata militare stanno provvedendo alla raccolta. Altre decine e decine di impiegati della Emirates con i walkie-talkie in mano disposti lungo tutto il tragitto, instradano con efficienza la fiumana di passeggeri che come una mandria impazzita carica da una parte all’altra dell’aeroporto.
Ci domandiamo cosa sarebbe successo a Fiumicino se si fosse semplicemente rotto lo sciacquone di un cesso… Con orrore, però pensiamo pure alla terribile sorte che toccherà all’architetto che ha progettato la fontana. Secondo noi non la passerà tanto liscia, se gli dice bene lo crocifiggeranno sul pavimento o lo impiccheranno ad una delle altissime palme finte…

Nonostante tutto, purtroppo, quando già pensavamo che nel gran casino ci saremmo ritrovati ad atterrare magari a Baghdad, ci imbarcano a forza sull’aereo con destinazione Roma.

Sei ore di coccole, carezze e sorrisi da parte delle hostess della Emirates e ci ritroviamo a Fiumicino che al confronto di Dubai pare la discarica disorganizzata dell’aeroporto dei playmobil falsi.

Ad attenderci c’è Giorgio che ci raccatta e ci porta alla Cargo City mentre Daniela prende il trenino e se ne torna a casa. Altre scartoffie veloci, e con l’unico ausilio dell’insostituibile Leatherman e di 4 calci, liberiamo le belve dalle casse.

Spedire una moto a Dubai

Consegniamo il regalo promesso a Rosaria della Aeroservizi Srl che aveva curato l’imbarco all’andata con efficienza e professionalità, passiamo la dogana a spinta, riattacchiamo le batterie alle moto, rimettiamo la benzina e ci avviamo verso casa.

Con un gesto saluto il Moro che prende per il centro; io, per prolungare quella sensazione di appagamento e felicità che mi avvolge ogni volta che torno a casa, prendo il GRA per godermi ancora 40 km con il vento in faccia e il sole alle spalle… un sole improvvisamente tornato amico e che già mi sta facendo dimenticare il suo fratello arabo che ha provato, senza riuscirci, a ricacciare indietro tre Sporchienduristi.

Ringraziamenti

Ai due Dobermann che viaggiano con me privi di museruola. Senza lo scintillio dei loro canini la mia pigrizia, in più di un’occasione, avrebbe avuto sicuramente il sopravvento.

Sporcoendurista in Oman

A Italo, Rose e Sabrina Volpi per tutte le informazioni, i contatti e l’incoraggiamento.

Ai miei genitori e a zia perché ogni volta gli dico: “Questo è l’ultimo”

A Rosaria Rendina della www.aeroservizi.it che ha curato la spedizione delle moto da Roma. Se ci fosse stata lei anche a Dubai non avremmo perso dieci anni di vita.

A Titti e Ilaria dell’ACI di Roma e a Roberto Egidi del MPS per la gentilezza e la professionalità dimostrata nella conduzione delle formalità burocratiche.

A Giuliano Chittò e Enrico Bolzonello della Air Way Service Srl. La loro esperienza su quella parte specifica di mondo e le loro indicazioni sono state fondamentali.

Alla e alla www.bertonieyewear.com per la fiducia accordataci e il materiale inviatoci.

Desidero ringraziare anche tutti coloro i quali hanno contribuito alla realizzazione di questo viaggio con indicazioni, consigli e aiuto o solo rispondendo alle mie mail:
la Sig.ra Wendy Ann della Reale Ambasciata dell’Oman a Roma;
la professoressa Alessandra Avanzini del Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico dell’Università di Pisa;
l’Ing. Marco Simeoni;
il personale dell’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti;
il personale a Roma e a Dubai della Emirates.
le persone di decine di nazionalità ed etnie diverse incontrate durante il viaggio.

A tutti va il mio ringraziamento per essere stati sempre pronti e disponibili ad aiutarci (tranne il pakistano all’aeroporto di Dubai) per rendere un po’ meno traumatico questo viaggio all’inferno.

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