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29 AGOSTO

Ci svegliamo prima del sorgere del sole,

con la tranquillità di chi non ha proprio fretta e voglia di andar via, ci prepariamo con calma e gustiamo un impegnativa colazione acida in pieno stile beduino.

Partiamo alle 9:00 del mattino ed arriveremo a destinazione solo alle 17:00, dopo aver percorso piu’ di 500 km conditi da un po’ di peripezie nel tratto finale del percorso.

Otto ore di viaggio per uscire dal “Wadi Rum”, riprendere l’autostrada, affacciarci al confine sud della Giordania presso “Aquaba”, per poi ripercorrere, per intera e da sud, la strada del “Mar Morto”, condita solo dal nulla, il caldo e qualche sparuto cammello.

Lungo tutta questa strada supereremo innumerevoli posti di blocco presidiati da sonnolenti e pacifici militari giordani con tanto di enormi mitragliatrici sul retro delle camionette. Loro non mi preoccupano, sembrano capitati li per caso, ciò che mi preoccuperà (grazie al dio dei Nabatei, lo scopriro’ solo sul traghetto del rientro) è sapere che a pochi chilometri di distanza sul confine israeliano siamo tenuti obbligatoriamente sotto il tiro dei cecchini………sapete com’è, uno starnuto improvviso, anche ad agosto, capita a tutti………

Lungo la via del Mar Morto per la prima volta patiamo veramente il caldo, percorrere chilometri e chilometri a –400 metri slm a 40 gradi è alquanto faticoso.

Lungo la strada, mentre guido al limite della velocità consentita, vengo fermato da una camionetta della polizia fornita credo di autovelox. Il poliziotto mi indica di accostare ed io lo faccio (i poliziotti hanno sempre ragione), poi mi riversa in faccia in 30 secondi circa 400 parole in arabo. Io cortesemente lo interrompo dicendogli che se non mi parla in inglese non si va di molto avanti nel dialogo, lui allora mi sorride e mi lascia andare via…….

Non riusciamo in tempo ad uscire da questa depressione che consumiamo li la nostra razione K, sotto un caldo cocente e senza trovare alcun posto aperto dove poter mangiucchiare altro (Ramadan!). Siamo stanchi e sofferenti, finalmente deviamo verso Amman ed iniziamo a riprendere quota. Ci perdiamo un attimo in varie inversioni per prendere la direzione giusta verso la capitale, ma veniamo inesorabilmente fermati dal traffico.

Ancora una volta mi metto in assetto Amman, accendo il terzo faro a disposizione sulla moto, destabilizzando tutti gli specchietti dei conducenti che mi precedono e tento, nonostante le valigie laterali, improbabili zig-zag tra le macchine. Siamo stanchi e sfiniti e la mia testa è simile ad un radiatore in piena ebollizione che fuma da tutte le parti.

Disperati arriviamo a “Jerash”, famosa per le sue imponenti e ben conservate rovine romane: l’arco di Adriano il Foro e l’Ippodromo. Peccato che il sito archeologico, come già visto su internet, sia avviluppato dentro una bruttissima città.

La cittadina fa schifo ed è in pieno rifacimento stradale. Io di preconcetti su Jerash ne avevo tanti, sin prima della partenza ed ora stanchi, diventano quasi un incubo.

Facciamo un tentativo presso l’unico Hotel della città che in quanto tale “fa cartello con se stesso”! Hanno un’unica stanza da 3 persone e solo perché gli ho attaccato un “pippone” sul prezzo, me la cederebbero per “soli” 45 dinari (senza bagno interno) con il prezzo di 3 anni prima. Me ne vado con la sola speranza che nei prossimi anni gli costruiscano 5 hotel per lato, di modo che possano rivedere la loro politica economica…..

Sono le 16:00 e se prima eravamo disperati ora non ci resta in tasca neanche la speranza. Apriamo la guida e ci convinciamo del fatto che dobbiamo percorrere altri 50 km per trovare dimora verso Irbid, la seconda più grossa città della Giordania, praticamente un incubo a cielo aperto.

Ma Alessia viene illuminata (sublima di pensiero) e sulla guida legge:
“castello”,
poi “30 km”,
in fine “montagna”,
ed in quest’ultima parola si immagina un clima mite e fresco nel quale rilassarsi.

Ajloun!!!!!!!!!

Ajloun, si pronuncia a-gi-lun, con la “gi” molto “strascicata” tipo “J”, lo scrivo pechè ho impiegato mezz’ora a capire come si pronunciasse e tutt’ora vedo che faccio fatica a spiegarlo….……

Percorriamo contenti 30 km di tornanti serrati, arriviamo nella cittadina e l’unica persona informata che parli pure inglese come al solito è il meccanico di turno il quale, mentre la moglie in parallelo ci traduce in arabo stretto le parole del marito, ci indica la strada verso il castello e quindi verso gli unici due hotel della zona. Il primo tentativo lo facciamo nell’Hotel che la guida reputa essere quello piu’ economico. cosi non si rivela. Non so quale slancio fisico ed ideologico mi conduca, ma decido di ripudiare la mia giustificata indolenza e di fare l’ultimo tentativo presso l’hotel piu’ costoso.
Tale non si rileva anzi sono pure simpatici e presso il Qalet al-Jabel Hotel ci mettiamo d’accordo per 30 dinari, piu’ colazione: Holllèè!

La reception è una piacevole foresta di piante ed alle 17:00 entriamo dentro la stanza che sarà la piu’ bella di tutto questo viaggio!!!

Qalet al-Jabel Hotel

A sera scendiamo a mangiare nell’Hotel; di riprendere la moto non va proprio a nessuno e ceniamo a sbalzo sulla terrazza con un freddo che neanche i pile riescono a contenere!

Ci portano un pollo spettacolare, speziato e piccante. Forse complice la stanchezza, anche Alessia, che non mangia MAI piccante, lo definirà come il migliore di tutto il viaggio.

Torniamo su in stanza e, come dice un mio caro amico, “ci rimbocchiamo la lapide”.

30 AGOSTO

Decidiamo che il posto è molto bello per mascherare il fatto che siamo invece ancora sferzati dalla stanchezza del giorno prima, quindi vale la pena restare una seconda notte e passare la giornata in giro per Salt. Faccio un passo in dietro: a Madaba conosco una coppia di italiani in vacanza che mi suggerisce di visitare Salt; a loro è mancata la presenza di una bella città vecchia e Salt, un tempo capitale amministrativa della regione durante la dominazione ottomana, mi viene indicata come l’unica soluzione a questo dilemma architettonico.
Scendiamo alla reception dell’Hotel e riesco a strappare, minacciando il suicidio, una seconda notte a 20 dinari, dopo di che inforchiamo la moto e ci dirigiamo verso Salt, non via Amman, bensì via valle del Giordano……

Sia Salt, sia Ajloun sono arroccate a circa 1000 metri, solo che di mezzo vi è la valle del giordano, scendiamo quindi attraverso improbabili tornanti da 1000 m a –400 m, per poi tornare a 1000 e poi concludere la giornata tornando a valle, i soliti –400, per poi risalire a 1000 m ad Ajloun.

Praticamente dedichiamo la giornata alla dilatazione e contrazione termica di tutto cio’ che sia organico e non.

Arriviamo a Salt, il cui centro è piccolo e caotico, parcheggiamo di lato, e subito veniamo circondati da alcuni simpatici vecchietti che, curiosi come bambini, ci fanno domande.

Riempiamo le borse con giacche e stivali e visitiamo il centro storico con la sua architettura ottomana. Gli abitanti di Salt di visitatori ne vedono pochi e me ne accorgo quando mentre mi sto’ girando una sigaretta vengo avvicinato da un intransigente ragazzetto locale che mi suggerisce di non fumare in pubblico: “Ramadan!”.

Depongo la polvere da sparo nel marsupio, mi scuso e accetto di trovarmi in un paese Islamico.

Dopo vari giretti decidiamo di comprare delle specie di frittelle locali (che poi divoreremo fuori città, lungo la strada e di nascosto…..) e subito dopo per strada vengo fermato da un vecchietto che indica ciò che avevo comprato, annuendo alla sua bontà!

Io, che ormai ho imparato la lezione, alzo le mani al cielo e dico:
“impossible, it’s Ramadan time!!”.
Il vecchietto scoppia a ridere ed io lo seguo di buon grado………..

Torniamo ad Ajloun, e salutiamo il nostro nuovo amico che lavora come tuttofare nell’Hotel, gli scattiamo un paio di foto con l’obbligo, una volta tornati in Italia, di spedirle alla sua famiglia in Bangladesh.

Questa volta ceniamo di sotto, nel paese, ed una famiglia di locali, colta dalla curiosità ci chiede, causa una scommessa in famiglia, quale sia la nostra nazionalità. Pensano che siamo inglesi…..ovviamente solo grazie ad Alessia (Sam mi aveva dato del libanese ed ad Aleppo, da grandi commercianti quali sono, ci daranno correttamente degli ittttalliani).

Torniamo in stanza e cerco di trascrivere i miei ricordi incerti, con la finalità di redigere il Report che ora state leggendo, sul supporto migliore (leggasi: SICURO e DURATURO) che possa esistere:
netbbook con hard disk? Drive pen? Dvd? Cd?

Noooooooo,

con questi non vi è certezza di non perdere i dati, e mi dicono che la nostra (questa) tecnologia duri neanche due decenni. Poi “pufff” il rischio di smagnetizzare il supporto è altissimo.

Io, in viaggio, sfrutto quella che a parere di molti amanuensi “regge” ai secoli:

LA CARTA!!!!!

Ma…fermi tutti:

amici tecnologi mi dicono che il futuro è dietro l’angolo, il supporto più sicuro e duraturo in assoluto nel tempo riuscirà a trattenere informazioni per millenni (di sicuro 5000 anni)!!!!!!!

SONO LE TAVOLETTE DI ARGILLA INCISE………..
;)

Andiamo a dormire come di nostra abitudine presto, domani si torna in Siria destinazione:
deserto di Palmira.

La frontiera, a detta del doganiere, quello con la faccia ad effige di buona donna (vedi seconda puntata), “sarà una passeggiata”.

Si rivelerà invece un semi-incubo vissuto in una terra di mezzo!!!!

31 AGOSTO

Ci svegliamo alle ore 6:30, salutiamo il nostro amico del Bangladesh, gli lasciamo un obolo per la sua famiglia e con le monete contate ci dirigiamo in frontiera. Prima però a Mafraq ci perdiamo tra le strade in rifacimento della città.
Alle 8:30 arriviamo alla frontiera Giordania, e dopo aver pagato in vari sportelli la cifra di 26 dinari (5+5+16), alle ore 9:00 del mattino mettiamo piede dentro la frontiera-cuscinetto Siriana.

APRITI INFERNO!

Ora avete due possibilità:

o leggervi tutto il minestrone che ho scritto sotto, accontentandovi di una sola foto e di tre considerazioni brevi riguardanti i doganieri,
o scegliere di saltare questa parte e riprendere a leggere dopo la riga fatta di asterischi quando ormai i nostri eroi son salvi ed in piena terra siriana.

Le 3 considerazioni son di carattere:
Fedistico, Religioso e Filosofico.

Considerazione fedistica:

la speranza, che mi è poi apparsa in sogno ad Aleppo, di vedere tutte le trachee dei doganiere in fila

Considerazione religiosa:

nella vana e remota ipotesi che i doganieri affidino la loro miserrima anima a qualunque delle divinità venerate su questo pianeta, faccio voto e preghiera affinché proprio loro prendan provvedimenti.
Posso suggerire un’equa punizione??:

La fine di Sisifo, destinato a far rotolare per l’eternità il macigno, divenuto reale, delle loro colpe!

Considerazione filosofica:

proprio Camus, nel “Il mito di Sisifo” esordisce dicendo che l’unica speculazione filosofica per la quale valga veramente la pena di ragionarci su, è il suicidio.

Spero i doganieri inizino a riflettere su questa possibilità…….

Vi racconto quindi il perché di questa invettiva:

Arrivati ci facciamo mettere due timbri in alcuni uffici e ci dirigiamo al check-point con la falsa convinzione che “abbiam fatto tutto” e che posiamo “rientrare comodamente” in Siria.

Ci fermiamo di fronte l’omino che ci impedisce di entrare in Siria e mostriamo i documenti. Ha la faccia da bambino cresciuto, con pizzo, faccia ebete e goccia di mocciolo sotto il naso.

Primo problema:

in fase di uscita si sono scordati, non casualmente (!), di mettere il timbro della moto su uno dei 748 fogli prodotti in frontiera. A voi sembrerà ovvio che se siamo passati e ci hanno timbrato i visti vuol dire che è un loro errore facilmente rimediabile.

Cosi non è………. dopo vari ed inutili tentativi negli uffici del check-point mi dicono che devo attraversare la strada, riaffacciarmi alla dogana in direzione opposta, farmi mettere i timbri che mi mancano e RIPAGARE le 500 lire siriane a testa di uscita.

Io attraverso e ci vado a discutere dicendo che “voi vi siete scordati il timbro”, ma l’uomo a due stelle si gira e con tono iroso mi dice che “sei te ad esserti scordato il timbro!!”. A malincuore “abbozzo”, i tempi sono cambiati, non credo che un turista europeo rischi molto in frontiera se si oppone ad un doganiere, ma le storie che mi avevano raccontato su giordani scomparsi al confine siriano mi fanno esitare……e poi voglio perdere solo delle ore qui, mica un giorno intero…….

Scopriremo poi che nella direzione opposta di marcia al momento di uscire dalla Siria, l’ultimo dei doganieri aveva fatto sparire le nostre due ricevute che testimoniavano il pagamento (due italiani ci racconteranno che questa è una prassi consolidata, loro son stati fortunati, hanno visto il doganiere far sparire le loro ricevute e successivamente farle riappare nel momento in cui si erano accorti dello scambio).

Ma questa è solo la punta dell’iceberg…….

Torno in dietro, Alessia, che è proprio preparata a TUTTO, ma non ha la minima idea di cosa significhi presenziare una frontiera mediorientale, specialmente questa che ne è regina, mi redarguisce per l’aver ripagato “ingiustamente” le 1000 lire siriane (ne fa una questio ideologica!!!! Ah!).

Mi ripresento dallo stesso omino che impedisce sempre il nostro passaggio. Questa volta tiene una bolla di mocciolo che si contrae e si dilata da una narice mentre parla….
Son convinto che ora, pieno all’inverosimile di documenti, possa avanzare.

Errore,

il piccolo uomo mi dice che serve nuovamente un documento negli uffici, ci vado, discuto, pago e torno.

Ma l’omino non mi lascia passare ancora, serve un altro documento.

Alessia diventa paonazza ed inizia a sbraitare e decide di rabbia di seguirmi in tutti i passaggi doganali. Dopo qualche andirivieni tra fuori e dentro, scopriamo che ciò che ci chiedono è di ripagare tutto come all’andata, eccezion fatta per l’assicurazione.

Noi restiamo increduli (nel 2006 questo non era accaduto), se qualcuno ce lo avesse comunicato, noi avremmo pure potuto crederci, ma qui agli sportelli vi sono solo 3 diciture in inglese:

Cittadini Siriani, Cittadini Stranieri e Donne.
Il reso è antimateria araba!

Ha pienamente ragione il Libanese che ci aveva dato la sua arguta interpretazione della frontiera Siriana:

“è come una gravidanza, non sai mai come andrà a finire e quanto tempo impiegherai….di certo l’uscita è un vero atto liberatorio…..”.

Praticamente impieghiamo 3 ore a fare tutti i documenti e se avessimo accettato sin dall’inizio la verità, cioè di dover assurdamente ripagare tutto, allora sicuramente ci saremmo risparmiato un’ora. Questo è il luogo dove la burocrazia kafkiana è elevata al cubo!

Nell’atto finale di questo dramma tra confini terrestri ci rivolgiamo al grosso omino dell’ufficio (grasso e laido) con il quale avevamo parlato in inglese sino a 30 secondi prima, chiedendogli di voler parlare con il “capo della frontiera”.

Lui fa cenno di non capire più l’inglese!!

Due cose mi impediscono di dargli dall’alto una fragorosa testata:

a) un vetro spesso 1 centimetro;
b) la mancanza del mio casco enduro ben appuntito.

Mi giro verso Alessia……….hoppsss, troppo tardi……….….

Mi accorgo che dal paonazzo di prima è passata al viola spinto ed io cerco di fargli capire che, se hanno uno sportello dedicato alle “sole donne” ci sarà un buon motivo sociale, e che quindi le urla femminee non credo servano qui!

Sinceramente temo che per colpa sua mi regalino un biglietto di sola andata per le famose prigioni di Damasco. Faccio pegno che se sopravvivrò a questo evento, la prossima volta, prima di partire, la dovrò ben preparare al passaggio in questo tipo di frontiere:

una proiezione attenta di “Fuga di mezzanotte”.
A buon intenditore poche altre parole…….

Riusciamo in fine ad entrare nell’ufficio del capo della frontiera economicamente piu’ potente della Siria (è la via di passaggio di molti ricchi provenienti dagli emirati arabi).

Il registro cambia totalmente, da degli squallidi, sporchi e piccoli locali passiamo ad una stanzona enorme, condizionata, ben arredata con televisione al plasma gigante acceso e con tanto di poltrone in pelle umana (beduina a giudicare dalla carnagione……).

Un omino con due cornette telefoniche, una per orecchio, ci sorride e ci fa capire di dover aspettare un attimo la conclusione della sua conversazione telefonica. Esponiamo il problema, Alessia assume tutti i colori dell’arcobaleno, lui molto gentilmente ci fa capire che non vi è soluzione, questa è la legge Siriana. Dalla manica tira fuori il jolly e dice che se avessimo avuto il “Carnet de Passages en Douane” sarebbe stato molto più semplice.

Ma io non ci credo minimamente a questa storia!!!!

Mi han detto che i doganieri siriani pagano per lavorare su queste frontiere, il sistema è complesso e ben orchestrato per spillare soldi ai viandanti; l’aver pagato in patria non ti esime minimamente da qualsiasi cavillo che ti faccia ritirare fuori i soldi. Ripenso ai giordani che per scendere a Tartus hanno pagato chi 200, chi 300, chi 600 euro!!!!! Bisogna solo farsi due conti sul costo del Carnet e su quante volte si intende entrare ed uscire dalla frontiera siriana. Di certo a Tartus non sanno assolutamente cosa sia il “Carnet de Passages en Douane”…..

Alessia suggerisce calorosamente che una soluzione a tutti questi inconvenienti sarebbe la semplice traduzione in inglese di tutte le pratiche da svolgere in frontiera. Lui prende atto e dice che questo è un buon suggerimento!

Cari lettori e care lettrici,

un bambino ha appena fatto pipì in una pozza d’acqua incrementandone la temperatura:

abbiamo appena scoperto l’acqua calda!…..

Lui ci saluta dandoci del “Welcome in Siria”, Alessia risponde che difficilmente la rivedranno.
Il capo frontiera ci fa affiancare da un ragazzetto tuttofare che come una falange macedone armata ci fa incuneare nell’esercito persiano degli uffici di frontiera.

Paghiamo circa 80 euro ed otteniamo in un batter d’occhio tutti i documenti necessari.

***********

L’omino con la faccia ebete finalmente ci fa passare.

Senza alcun controllo ai bagagli, accendiamo la moto con dentro la valigia laterale destra un piccolo reattore nucleare, dentro quella di sinistra un missile terra-aria smontato in 3 parti……….e partiamo.

L’ultimo dei controllori vedrà di sfuggita solo i nostri passaporti, fregandosene di tutta la fatica fatta per i documenti……

Accelero e dò gas, Alessia da sotto il casco urla un “non mi vedrete mai più!!”, io saluto con il dito medio alzato, ma visto che sono recidivo già mi immagino modalità non convenzionali con cui poter far in futuro entrare Alessia in queste terre (senza passare per le frontiere):

mi immagino avvenga dentro un imballaggio in legno munito di paracadute, lanciato furtivo da un aereo merci.

Partiamo e sono le 12:00, l’ora ideale per dirigersi nel deserto a Palmira………………

Proseguiamo lungo l’autostrada ed approssimiamo Damasco; l’autostrada è larghissima ma di macchine ve ne sono ancora di piu’ e la legge che domina la strada è quella del “Far-MiddleEast”.

Riallargo gli specchietti e mi rimetto, per l’ultima volta in questo viaggio, in assetto Amman. Semino gli altri partecipanti a questa gara anarchica e prendo la deviazione, la meno battuta, verso Palmira.

La strada si complica all’inverosimile ed avremo la seguente successione stradale:

1) Strada stretta dove a mala pena passano in direzione opposta un camion ed una moto (la costante di tutte le successioni). Praticamente è abitudine locale che quando una moto siriana (hanno solo 125cc di cilindrata) incontra un camion, quest’ultimo non si sposta di un centimetro e sono le moto che si buttano fuori strada sullo sterrato. Nel nostro caso dopo aver evitato il primo frontale con il camion, a suon di abbaglianti, ho fatto desistere decine di camion dal mantenere il possesso del centro della strada;
2) strada solcata da canali generati dalla pressione delle enormi ruote dei camion (mi ricorda le strade incontrate in Turchia). Non è piacevole incanalarsi dentro quando la strada curva, ma il solco va dritto;
3) Strada a cui hanno grattato l’asfalto, dove per “tenere” la strada, specialmente con gomme tassellate, bisogna aggrapparsi anche con i denti sul manubrio per evitare che la moto vada casualmente dove gli pare;
4) Strada grattata come al punto 3 ma con l’aggiunta di bitume liquido, tutto uno “squash, saquash” ed uno “slitta, slitta”.

La ciliegina sulla torta arriva alla fine di questi interminabili km.

Ovviamente di fronte mi si piazza il camion più grande della serie che abbiamo incontrato, e questa volta non ha la minima intenzione di cedere la strada; strada che si trova al punto 4, grattata e piena di bitume liquido.

Praticamente mi butto fuoristrada all’ultimo con le gomme tutte imbitumate, e mi ritrovo in poche frazioni di secondo con delle gomme gigantesche, totalmente ricoperte (modello: cornetto algida), con al posto delle noccioline sopra, tanto, tanto, ma dico tanto brecciolino.

Superato il pericolo ritorno su strada e come una mitragliatrice a due ruote, per centinaia di metri espello nello spazio siderale migliaia di sassolini.

Ci fermiamo per fare benzina, la prudenza non è mai troppa. Praticamente il ragazzetto alla pompa prova a scambiare il resto che mi deve di 25 lire in banconote con 2.5 lire in moneta. Gli sorrido con tanto di ghigno chiedendo quanto mi spetta, lui risponde con un naturalissimo sorriso fatuo.

Pranziamo con razione K ed altri ammennicoli alimentari comprati strada-vivendo in una squallidissima, desolante ed abbandonata ex stazione di rifornimento.

Alle 16:30 dopo un viaggio di circa 4 ore, non eccessivamente caldo, arriviamo nei pressi di Tadmor, conosciuta da noi occidentali come Palmira.

tadmor Palmiratadmor Palmira

La temperatura è di 38 gradi, con clima secco al punto da essere ben sopportabile. Nei 4 anni che sono passati dalla mia ultima visita molte cose sono cambiate, e come al solito la maggior parte in peggio……

Vedo da lontano alcuni nuovi palazzoni che schiferebbero la vista di chiunque, specialmente se tutte le restanti costruzioni sono ad un solo piano. Ci avviciniamo di più e vedo che le ruspe hanno mangiato una montagna a sinistra per costruirvi dentro un hotel spaziale, tenuto fermo nella roccia da decine di gigantesche palme portate in loco per necessità.

L’unica nota positiva è la strada che attraversa le rovine romane di Palmira, un tempo semplicemente asfaltata, ora sostituita da una specie di sampietrino contornato lungo la sua intera lunghezza da palme. Ora la strada è molto piu’ affascinante!

Andiamo a colpo sicuro verso il Farias Hotel alla ricerca di Mohammed, nostra vecchia conoscenza alberghiera.

Lo vedete il condizionatore al secondo piano? Bhe, non funziona, era la nostra stanza…..

Il precedente incontro va rapidamente menzionato poiché passerà alla storia come:

“trattativa più estenuante del 2006 mediorientale”.

Introduco un nuovo personaggio in questa storia:

Per chi non lo conoscesse, “Biplo” o “Quadruplo” (lo chiameremo cosi per mantenere il suo anonimato), dall’aspetto di un semplice avventore timido, è in realtà l’unica persona che dall’occidente riesca a tenere testa nelle trattative ad un mercante mediorientale.

Va aggiunto che molti di voi si vergognerebbero nel vederlo contrattare per ore e riuscire a spuntare il “suo” prezzo, quando la differenza in soldi del contendere ha un costo che in Italia è equivalente a quello di un ghiacciolo al limone……….

Se foste li vorreste mettere una mano sulla sua spalla, guardarlo prima negli occhi per poi abbassarli ed in fine scuotere lentamente la testa. Vorreste dar ragione al mediorientale volendo far retrocede “Biplo” dai suoi intenti sanguinari.

Quella volta “Quadruplo”, tronfio dall’essere riuscito a contrattare il prezzo del cambio ufficiale alle poste siriane (ebbene si!!!!!!), si era impantanato in una trattativa estenuante.

Si sono ripetuti qualche cosa del genere (i numeri sono solo indicativi):

Biplo: 1000!
Mohammed: no, 1050!
B: no, 1000!
M: no, 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!
M: 1050!
B: 1000!

Cosi per ore mentre noi sorseggiavamo il centoventiseiesimo tè e da buoni e sonnolenti guardalinee vedevamo rimbalzare la palla da una parte all’altra del campo.

Ad un certo punto Mohammed sembra arrendersi e con lo stupore di tutti i presenti, rilancia al ribasso(!):

“Ok, facciamo 950 e basta!!!”

Noi tutti restiamo basiti; a Moroboschi cade giù la mandibola di peso come la persiana di ferro di un negozio, io inghiotto d’un sol fiato tè e tazzina insieme e “Quadruplo”, per la prima volta offeso nell’intimo e trafitto nell’onore, concluderà la trattativa, dopo minuti di intima riflessione personale, a 1100!!

Tutti i mercanti in fondo in fondo hanno un cuore di pezza che segue le leggi di un imprescrutabile galateo.

Ma col senno di questo viaggio cambierò radicalmente opinione e considererò Mohammed l’unico ominide ad aver fregato: “Biplo”!

Di fatto quando gli ho chiesto il prezzo, lui come al solito mi ha destabilizzato:

“My friend, il prezzo fallo te!!”.

Madonnina………gli sparerò la metà del prezzo di quanto si paga un notte in città come Aleppo e Damasco: 500 lire a notte. Lui avrebbe voluto 600 ed alla fine concluderemo per 525. Scoprirò poi che una coppia di polacchi, senza minimamente contrattare il prezzo, e con l’aria condizionata in camera, pagherà 600 lire.

Mohammed ottiene sempre ciò che vuole…….

Ve ne lascio una foto segnaletica qualora lo incontriate (la faccia da putto demoniaco la tiene):

Riusciamo dall’Hotel e ci dirigiamo a brevissima distanza sul castello Arabo, il miglior luogo per cogliere albe e tramonti sulla bellissima ed affascinante Tadmor.

Prendo due tramonti:

e poi Signori e Signore,

ecco a voi “Palmira”, il regno di Zenobia, l’unica regina d’oriente ad essersi opposta, ed aver sconfitto, la caput mundi: Roma.

Vi racconto un po’ della sua storia:

Tadmor (dal suo antico nome semitico) esiste di certo da almeno 4000 anni, il suo oro è da sempre stata l’acqua e l’oasi che ne ha fatto un importante vi carovaniera: di qui è sempre passata la via della seta che univa la Cina e l’India all’Europa.

Palmira di fatto è sempre stata crocevia tra la Mesopotamia e l’Arabia.

Come il sole e la luna, così PALMIRA e PETRA si sono ripetutamente succedute nel dominio commerciale di queste aree.

I primi colonizzatori furono gli assiri ed i persiani, poi venne il regno seleucida di Seleuco, fedele generale di Alessandro il Grande (Alessandro nel mondo antico ha la stessa giusta localizzazione del cacio sui maccheroni…). Nel II secolo d.C. venne Roma che la conquistò, dandole il nome moderno di Palmira.

Nel III secolo si ebbe l’episodio più glorioso della storia di Palmira. Morto il suo reggente, la sua seconda moglie Zenobia assunse il comando del regno ribellandosi a Roma. L’imperatore di turno vi scagliò il suo esercito e Zenobia al posto di arrendersi lo affrontò sconfiggendolo. Poi guidò le proprie armate verso Bosra (allora non in Siria ma provincia d’Arabia) ed invase quindi l’Egitto. Con la Siria, la Palestina ed una parte dell’Egitto, la regina ribelle dichiarò la sua indipendenza da Roma e coniò monete con sua effige ad Alessandria. L’ira di Roma non tardò e Zenobia sconfitta fu fatta sfilare per le vie della capitale dell’impero con catene di oro.

Zenobia, che sosteneva di discendere da Cleopatra, fu sicuramente una donna abile ambiziosa e bella, dalla carnagione scura con i suoi grandi occhi neri scintillanti di un fuoco non comune, mitigato da una splendida dolcezza.

Praticamente un gran bel pezzo di donna………….

Torniamo ai giorni nostri:

Mohammed ci “offre” per 150 lire a testa una buonissima e piccante cena indiana, a causa della quale Alessia metterà ad infusione la propria lingua nel tè.

Andiamo a nanna…..indovinate?……esatto: “come al solito presto”.

Domani ci aspetta l’alba ventosa di Palmira e la sua esplorazione!

1 SETTEMBRE

Per l’ennesima volta, in questo viaggio, ci svegliamo prima del sorgere del sole.

Accogliamo di buon grado il vento tipico di molte delle albe che si possono incontrare qui a Palmira e ci dirigiamo sul Castello Arabo.

Il vento soffia forte quasi a sollevarci:

Scendiamo, e passeggiamo tra le rovine romane di questa città.

Partiamo dal tempio del campo di Diocleziano e percorriamo tutta la via colonnata, superiamo il Tetrapilo e l’Agorà, sino a giungere al Tempio di Bel.

Poi riprendiamo la moto e facciamo un salto a visitare la valle delle Tombe.

A pranzo andiamo in città e ci fermiamo a mangiare un panino in un “localetto” dove sorseggeremo il migliore caffè arabo al cardamomo di tutto il viaggio (anche l’unico!).

Torniamo in hotel e perdiamo i sensi per un paio di ore.

Il pomeriggio lo passiamo gironzolando nei vialetti dell’Oasi: palme, uliveti, melo grani e chi più frutti ne ha, più ne metta!!!

E poi l’evento per il quale mi concedono la cittadinanza onoraria di Palmira:

PIOVE NEL DESERTO!!!

Accogliamo increduli l’evento e senza scomporci restiamo seduti al tavolo, all’aperto di fronte l’hotel:

ci becchiamo questi sanissimi 10 minuti di pioggia a dosso.

La sera la passeremo prima nel “Palmira international restourant”, dove finalmente Alessia riassaggerà verdure cotte, e poi in compagnia di una coppia di polacchi che, sotto l’egida di Mohammed, per 150 lire a testa, sorseggeranno delle lattine di birra alcolica nascoste da un’anonima busta di plastica nera…..

Poi tutti a nanna……

[I polacchi poi spariranno (in)spiegabilmente dalla circolazione;
l’indomani solo questo resterà di loro]:

2 SETTEMBRE

Ci svegliamo alle 6:00 e partiamo in direzione di Hama.

Carichiamo la moto che non sembra esser più la stessa ;)

Alle 9 ci ritroviamo di fronte gli unici due hotel economici della città che stranamente, a 10 metri l’uno dall’altro, esibiscono prezzi identici.

Scendo e do’ un occhiata alla moto: TRAGGGGEDIA!!!!

Accade ciò che nessun motociclista si auspica accada alla propria moto, in un viaggio che ti porta distante migliaia di chilometri da casa e da tutte le facilitazioni meccaniche che vi possono essere:

Inspiegabilmente mi son perso per strada una delle due viti che tengono il carter di plastica paraschizzi che copre la catena di trasmissione.

Mi convinco del fatto che, senza quella vite, le nostre vite potrebbero andare perse insieme alla moto!

Con fronte sudata, ma con mente lucidissima, sgancio dal paramotore le borse di pronto soccorso motociclistico.

Ne apro una, scosto una pompa della benzina, sollevo una centralina elettronica, metto di lato un regolatore di tensione, sino a raggiungere uno dei componenti motociclistici più delicati in mio possesso:

una fascetta di plastica nera!

Con l’abilità di uno dei tanti chirurghi senza laurea che popolano il nostro paese, infilo la fascetta e la stringo (ad una pressione pari ad 1/10 di quanto suggerirebbe la mia mano):
le nostre vite ora sono salve!!!

Hama, sino a meno di 50 anni fa, non dava segni di modernità e conservava una splendida città vecchia.
Nulla è più cosi dopo la feroce soppressione del 1982 contro l’allora fuorilegge confraternita del partito mussulmano (corsi e ricorsi…). Non si conosce esattamente cosa sia accaduto, di certo 8000 soldati piombarono in questa città che da allora non è piu’ stata la stessa, neanche la città vecchia che ora non c’è piu’.

Hama ora resta famosa per le sue Nurie, giganti mulini ad acqua ancora funzionanti.

La fortuna vuole che il giorno prima abbiano deviato il corso del fiume Oronte per mancanza di acqua e ci ritroviamo a visitare delle Nurie del tutto immobili…..

Ecco l’unica famiglia (a naso direi curda) che volontariamente in questo viaggio mi ha fermato, richiedendomi una foto (luce terribile!)

Ci autosorprendiamo in un vicoletto:

Una cosa va detta: gli abitanti di Hama, almeno al parer dei nostri occhi, son proprio strani!

Sarà il Ramadan che volge al termine e che si fa sentire su questa cittadina, ma i loro sguardi son differenti. Per la prima volta ci sentiamo malamente osservati, è una sensazione comune che ci convince del fatto che ci guardino quasi prendendoci in giro.

Di male in peggio decidiamo di cenare al motto di “evitiamo la classica bettola di turno, evitiamo di stare abbracciati al colera”.

Troviamo un ristorantino sull’Oronte, uno di quelli acchiappaturisti con affaccio su Nurie.
Varchiamo l’entrata e mi stupisco piacevolmente che riportino a parete i cartelli con dei prezzi. Ci sediamo e scopriamo dopo pochi minuti che i prezzi esposti son da considerare solo per le carni, cioè quello indicato a parete è il prezzo per la sola carne del kebab, ma se vogliamo un sacrosanto e classico piatto condito di pane e verdure dobbiamo considerare spesa doppia.
Accettiamo “il pacco” e quindi molto diffidente chiedo il prezzo dell’acqua, il cameriere mi sorride e dice “solo 30 lire siriane”.

Oh, mi stupisco pure io!

Arrivano le pietanze che si riveleranno il pacco citato e poi il cameriere che con una strana contorsione, a detta di Alessia, ci apre l’acqua. Notiamo una lieve differenza di colore tra il tappo e l’anellino di plastica della bottiglia. Il sopracciglio destro mi si contrae involontariamente sollevandosi. Beviamo il nostro bicchiere ed il cloro ci viene in testimonianza del fatto che abbiamo bevuto acqua di rubinetto.

Chiamo il cameriere, gli faccio presente il problema e lui sbianca (non ho mai capito se fingesse o meno).

Il primo tentativo gli riesce malissimo: “ma, l’acqua è gratis!”; di conseguenza i miei muscolo facciali si crinano.
Poi prova con: “l’acqua imbottigliata è finita quindi abbiamo portato quella di rubinetto”. Gli ricordo il passaggio dalle 30 lire all’acqua di rubinetto, lui sempre sbiancando termina in extremis con un: ”la casa vi offre due bevande gratis!”.

Accettiamo, non vogliamo la guerra ma gli ricordiamo le motivazioni per le quali di solito gli stranieri non bevono acqua di rubinetto.
Ce ne andiamo delusi della pessima cena con la promessa di tornare l’indomani, qualora avessimo problemi intestinali, con molotov incendiarie ripiene di guano.

Si,

Luci ed ombre della giornata ad Hama………

…..andiamo a dormire disillusi da Hama.

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