Terza Puntata: Akkergeshen Plauteau, Atyrau, poi il Volga e la Russia.
16/8/2016
A un certo punto mi sveglio e ho freddo, vado in cerca del mio sacco a pelo che so aver lasciato da qualche parte lì di fianco. Nel buio, evidentemente, penso che la testa di Roberto sia esattamente della stessa forma del mio sacco a pelo e la prendo a due mani per aprirla: ricordarlo a posteriori fa sicuramente ridere, ma a giudicare dalla faccia che ha fatto lui non sono sicuro che l’esperienza gli sia piaciuta. Poco dopo sogno non so cosa e rifilo un paio di calcioni secchi a Sabrina.
Io ho dormito bene comunque, e a mattina sono riposato.
Akkergeshen Plauteau
Prendiamo una traccia diversa da quella del giorno prima, ma il copione non cambia e anche oggi si va di tagliaerba…
Arriviamo a un lago salato, ma prima di attraversarlo ci assicuriamo che sia effettivamente secco come sembra, onde evitare di emulare le gesta di un paio di personaggi di mia conoscenza.
Diversi chilometri più avanti ci ricongiungiamo alla “strada” lasciata il giorno prima: io e Roberto ci guardiamo e ci stringiamo la mano, ce l’abbiamo fatta!
Il problema ora è l’acqua: dei 10 litri che avevamo, questa mattina ne erano rimasti solo tre, mentre ora ne abbiamo si e no uno e mancano ancora diversi chilometri prima di ritrovare una strada che sia degna di tale nome.
Passiamo accanto all’Akkergeshen Plauteau, che varrebbe anche lui una visita, ma il caldo è troppo caldo e l’acqua troppo poca. Ad ogni sosta facciamo dei piccoli sorsi, che teniamo in bocca un po’, prima di mandar giù, per prolungare la sensazione di sollievo.
Quando vediamo un furgoncino in lontananza passare perpendicolare a noi senza alzare polvere, capiamo che ci siamo quasi: quella lì è la strada.
Una volta dissetati facciamo il punto della situazione: 9 dei 15 giorni che siamo autorizzati a rimanere in Kazakhstan senza visto se ne sono già passati e non avrebbe senso fare una corsa a sud nel tempo che ci rimane, decidiamo quindi di proseguire per Atyrau, dove arriviamo a sera.
Nell’albergo dove dormiamo, trovato grazie all’aiuto di un motociclista locale, c’è un bar aperto tutta notte e una birra dopo l’altra diventiamo in fretta i migliori amici del gestore, che a notte inoltrata ci strappa pure la promessa di insegnargli il giorno dopo a fare la pasta come la si fa in Italia…
Atyrau
17/8/2016
Lasciamo le moto a riposare e ci incamminiamo a visitare la città. Percorriamo il ponte che divide Asia e Europa e non possiamo che constatare che il centro città non ha molto da offrire.
Torniamo quindi in Asia e decidiamo di passare il pomeriggio in spiaggia sul fiume Ural: “sembra di stare ai caraibi” esclamo io con convinzione. Sabrina e Roberto mi fissano e non parlano.
Al tramonto torniamo dal nostro amico della sera prima: è palesemente in coma da post sbornia e fare una pasta è l’ultimo dei suoi desideri. Se avesse tirato fuori la vodka, la notte prima, mi avrebbe senza dubbio steso e sarei nelle sue stesse condizioni, ma a solo birra me la cavo piuttosto bene anche da queste parti.
Il paese di Celentano
18/8/2016
Ripercorriamo il ponte, questa volta in moto, e siamo in Europa: è una sensazione particolare.
Tutta la dritta e dissestata strada suona nella mia mente come un lungo saluto all’Asia ed al Kazakhstan, un saluto che non sa di addio, ma di arrivederci.
I cammelli che si aggirano tra le trivelle sembrano salutarci anche loro quando gli passiamo a fianco e li guardiamo come facciamo da giorni: sarà strano non vedere più i loro sguardi sempre un po’ buffi e curiosi, nel proseguio del nostro viaggio.
Arriviamo al confine e cambiamo in rubli i tenge rimasti, attraversiamo velocemente la parte kazaka e quindi superiamo la lunghissima coda di auto in ingresso a quella russa.
Arrivati in testa, la guardia ci ferma e ci fa notare che sul foglietto che ci hanno dato al primo controllo c’è un numero, e quello è l’ordine di ingresso: possiamo comunque metterci lì a fianco ad aspettare. Siamo il 118 e il 120.
Ci mettiamo lì tranquilli, ma io so di avere un asso nella manica.
Due moto straniere si fanno sempre un po’ notare e infatti non passa molto che arriva un superiore, che parla pure un po’ d’inglese.
“mi faccia vedere come avete compilato il foglio di registrazione, così se avete sbagliato vi aiuto io”, mi dice, e io capisco che è il momento di giocare la mia carta: sto bene attento a mettere per primo sopra gli altri il passaporto di Roberto e lo porgo sorridendo al doganiere.
Questo lo apre e quando legge il cognome gli si illuminano gli occhi “CELENTANO?!?”
Eh si, Roby di cognome fa proprio Celentano: la fila e il numerino non sono più importanti e è il nostro turno per entrare…
Poco dopo siamo in Russia: il paesaggio qui è verde, attraversiamo il Volga sul ponte galleggiante e ci fermiamo ad Astrakhan, coi motociclisti russi che come al solito si sbracciano per salutare gli stranieri in visita nel loro paese.
Astrakhan e il suo Cremlino
19/8/2016
In mattinata una breve visita di Astrakhan, che è una bella città, col suo Cremlino e il lungo Volga.
quindi risaliamo il corso del fiume per raggiungere Volgograd.
La strada è lunga, dritta e noiosa: ogni tanto si apre qualche piccolo scorcio sul Volga, ma non ci fermiamo neanche per una foto.
La cronaca invece è più interessante.
Alla prima area di servizio veniamo approcciati da uno dei benzinai, che esteticamente sembra il cugino di campagna di Putin con addosso la tuta da benzinaio:
“di dove siete? da dove venite? dove andate? parlate russo?”
“siamo italiani, veniamo dal Kyrgyzstan e dal Kazakhstan e andiamo a Volgograd, il russo lo parliamo poco poco”
“non importa, parlo io!”
e se ne parte con un monologo di un quarto d’ora alla fine del quale mi sento di poter sintetizzare così il suo pensiero:
– ama la musica italiana ed è molto contento di poter guardare il festival di Sanremo
– i paesi da cui veniamo sono rozzi, arretrati, inferiori, e popolati solo da stupidi ignoranti con gli occhi a mandorla (mentre lo spiega si tira sui lati gli occhi, mimando i vicini dai tratti orientali, che evidentemente non gli stanno particolarmente simpatici)
– Gagarin era un figo
Quindi mi strappa di mano amichevolmente, ma con fermezza, la bottiglia di the freddo, se ne beve un sorso, me la restituisce e ci saluta calorosamente.
Altra sosta: facciamo benzina e ci apprestiamo a comprare qualcosa da bere.
Roberto sparisce un attimo e ritorna: “ragazzi scappiamo, veloci, veloci! Inizio ad andare e vi aspetto lì avanti!”
Visto che a lui i buchi non piacciono e gli piace l’aria aperta, ha pensato bene di farla dietro il casottino del benzinaio, ma solo quando si è reso conto di essere a 40 centimetri dalla porta della signora ha capito quanto la scelta della location fosse sbagliata.
Sapendo bene cosa vuol dire far infuriare una benzinaia russa, lo seguiamo a gas spalancato…
Proseguiamo, facciamo un po’ gli sbruffoni con un poliziotto, e raggiungiamo quindi la meta, o almeno così sembra: dal primo cartello al centro città ci sono 40 km di traffico!
Siamo quasi in centro e ho una strana sensazione al posteriore: eh si, è venuto il mio turno.
Riparata la camera tutto sommato in fretta passiamo le seguenti ore alla ricerca di una sistemazione: è estate e molti alberghi sono pieni, altri hanno prezzi troppo alti, e alla fine ci fermiamo ad un orario in cui i negozi 24 ore non possono vendere più la birra.
Vado a letto di pessimo umore.
assedio di Stalingrado
20/8/2016
Passiamo la stazione, teatro pochi anni fa di un attentato, e proseguiamo fino al museo dell’assedio di Stalingrado.
Si, perché Volgograd è la vecchia Stalingrado, teatro di una furiosa battaglia durante la seconda guerra mondiale.
Imbevuti di racconti occidentali, noi spesso pensiamo che la storia della seconda guerra mondiale e della sconfitta tedesca siano cambiate con lo sbarco in Normandia (giugno 1944), tanto raccontato e tanto visto in numerosi film, mentre in realtà, la prima vera enorme batosta, i nazisti la presero proprio qui, in questa città (1942-1943), prima di tutto cambiò qui la storia del mondo.
Il paese dei Culi
Dopo la storia e la memoria cosa c’è di meglio da fare se non prendere la marshrutka 64, attraversare il ponte e andare in spiaggia sul Volga?
Ecco, qui lo dico: di tutti i viaggi che ho fatto nella mia vita, che a qualcuno piace definire viaggi-avventura, nulla è mai stato così avventuroso e pericoloso come venire in spiaggia sul Volga: privateci voi a spiegare a Sabrina che tutti quegli scatti li ho fatti solo a fine scientifico, per poter mostrare agli amici a casa quale spettacolo offre una spiaggia sul Volga.
quando il sole inizia a calare torniamo verso il centro, ma non ci facciamo mancare una visita alla enorme statua della Madre Russia
E’ sempre la Cultura a richiamare la sete di conoscenza e la curiosità degli Sporchienduristi.
:)