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altipiano del rascino

Caldo torrido: è normale, in estate. Fa il tempo che deve fare. Ma quando i metereologi decidono di fare un po’ di spettacolo, danno alle ondate di caldo africano nomi evocativi: Dapprima Scipione. Poi Caronte. Adesso è il turno di Minosse, che Dante rese ringhioso inquisitore nel suo Inferno. Si dovrebbe restare a casa, con l’aria condizionata. Moto? Al massimo, il MotoGP in televisione. Invece io e Dadotwin puntiamo, decisi, all’Altopiano. Avevamo dovuto rinunciarvi, nello scorso dicembre, a causa del ghiaccio.
lago rascino in moto

lago del rascino

Adesso, per avere un po’ di quel ghiaccio, pagherei. Percorriamo veloci quella sterrata su cui ci dovemmo arrendere in inverno, e saliamo fino a un laghetto. Ad attenderci, una mandria che si abbevera: un’ambientazione da spaghetti western. Ci fermiamo ad ammirare il paesaggio e a studiare il percorso. Intanto un vaccaro, con accento chiaramente rumeno, urla “Vatene via, con moto di merda!”.
Passano altri enduristi. I più con delle specialistiche, ma uno di loro ha una vecchia dual Yamaha, e si è fermato per una pausa. Un potenziale nuovo amico, penso, mentre i suoi compari aggrediscono la collina, sul prato, nella sua massima pendenza. Mi accosto, per scambiare due parole: e invece niente, lui si allontana senza nemmeno salutare.

Imbocchiamo una carrareccia pietrosa e saliamo fino ad un valico che ci farà passare negli Abruzzi. Non ho tempo di guardarmi attorno, mi devo concentrare sulla guida, sulle maledette pietre smosse che mi fanno detestare l’enduro. Scendo verso valle, lasciandomi alle spalle un tornante dopo l’altro, e mi accorgo che sono rimasto solo. E’ chiaro che a Dadotwin è successo qualcosa. Ma non me la sento di girare la motocicletta, e decido di risalire a piedi: è mezzogiorno, la temperatura è insopportabile, la borraccia è quasi vuota, ho la maglia zuppa di sudore, gli stivali da enduro gemono sui sassi e mi sembrano pesantissimi. Per fare tombola mancherebbero solo le emorroidi. Il mio amico è caduto su un tornantino stretto e infido. Tiriamo su la moto e ci riposiamo un po’. Solo adesso riesco ad osservare il paesaggio: la visuale ristretta a cui mi obbligava la guida in fuoristrada si allarga, finalmente, ad abbracciare un paesaggio spettacolare. La montagna. I boschi, immobili. La gola. Il silenzio assoluto. Bisognerebbe fermarsi più spesso, per non perdersi tutto questo.

cambio gomma africa twin

La fine della sterrata, che sbocca sulla SS17, ci regala il refrigerio di un fontanile. Un po’ di asfalto con dei curvoni veloci ci permette di dare un po’ di respiro ai motori, e ci porta alle altre due sterrate che dobbiamo esplorare, per definire il percorso di un prossimo raduno Sporcoenduristico. Nulla di impegnativo, anche se cominciamo a sentire la stanchezza. Sbagliamo spesso direzione, ai bivi, perché il gps ci dice dove siamo ma non dove dobbiamo andare. Facciamo un po’ di foto nei punti più scorrevoli, ci godiamo l’ombra delle faggete, filiamo rapidi sulla terra battuta. Dadotwin, che mi precede, alza un polverone. Si vede, che è contento: finalmente può dare un po’ di gas.

lago del rascino

L’arrivo all’asfalto dei tornanti del Terminillo è una liberazione. “Beh, adesso ci meritiamo una birretta al Sebastiani!”. Il Sebastiani è il rifugio del Terminillo, ed è gestito da un motociclista. Ma non riusciremo ad arrivarci, perché al terzo tornante, in piena piega, sento che l’anteriore se ne va a spasso. Mi fermo: ho forato. Abbiamo tutto ciò che serve: camera d’aria, leve cacciagomme, attrezzi, pompa. Persino un compressore. Per alzare la moto, che non ha il cavalletto centrale, ci arrangiamo con dei sassi ed un cric prestatoci da un automobilista. Impieghiamo un’eternità, ma ce la facciamo. Adesso sì, che ci meriteremmo una birra. E invece…si torna a Roma di corsa: io dovrò piangere solo per le mie vesciche, ma Dadotwin dovrà fare i conti con molto peggio: si è ricordato della cena di compleanno di sua suocera, ed è già in ritardo. Ahi ahi…adesso sì, che dovrà dare gas!

Testo e foto: Peggio

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