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Sesta Puntata: Parco dello Zorkul, Langar e Corridoio del Wakhan, Ishkashim.

Carramba che Sorpresa!

Nonno Peppe e Francesca partono prima di noi che ancora assonnati e rollati nei sacchi a pelo siamo in dubbio se farci un altro tuffo nell’acqua bollente delle terme di Jarty Gumbez. Alla fine abbandoniamo questa idea, saremmo restati lì per sempre, finendo a fare i pastori in questa terra di senza frontiere, ad aspettare l’arrivo di qualche turista a cui spillare dei facili dollari. La sera poi terme e vodka.

Prima di rimetterci in sella vediamo arrivare un fuoristrada. Il ragazzo alla guida frena di colpo alzando un polverone, si ferma proprio vicino le nostre moto, scende al volo e a grandi falcate si dirige verso di me.

“Moi Drug!” (Amico mio!)
“Ahò, nun ce posso crede, ma che ce fai da ‘sti pizzi?” (Che stupore! Cosa fai da queste parti?)
“Semeynyye prazdniki” (Sono in vacanza con la famiglia)
“So’ na cifra contento” (Sono molto contento di rivederti qui)
“Tozhe. Privet videt’Vas” (Anche io. Ciao ci vediamo)
“Bella secco, sa ribeccamo” (Ciao, ci rivediamo)

Lui è il ragazzo del fuoristrada che qualche giorno fa ci ha aiutato a recuperare Tiziana, accompagnandola poi in ospedale. E’ qui in vacanza con la sua famiglia. “Quanto è piccolo il mondo!”
3 ore per salutare lui e tutta la sia famiglia e dopo la foto di rito ripartiamo.

famiglia che ci ha aiutato in tajikistan tajikistan afghanistan pamir tajikistan afghanistan pamir tajikistan afghanistan pamir tajikistan afghanistan pamir tajikistan afghanistan pamir tajikistan afghanistan pamir tajikistan afghanistan pamir

Riccardo: cintura nera di enduro

Inforcate le moto e con l’irrefrenabile Alex al seguito puntiamo a Sud, verso il Parco dello Zorkul, isolatissimo territorio che fa da confine tra Taghikistan e Afghanistan. Oggi facciamo i numeri in moto. Letteralmente.

La tappa di oggi si rivelerà essere la più impegnativa, sia dal punto di vista della guida, che della fatica. Guadi con fondo di pietre scivolose e sabbia in cui sprofondare. Rimasti bloccati nel bel mezzo di un torrente tirare fuori la moto è dolorosissimo. L’acqua che scende dalle vette delle montagne è gelata e i piedi vanno in ipotermia in un attimo. Una mulattiera di pietre grandi e smosse che per fortuna affrontiamo in discesa, poi lingue di sabbia fine come borotalco dove mezza moto va giù. Alex guida come un matto scatenato e di gas ne da a badilate, io per stargli dietro per poco non mi ammazzo.

Mentre guido sento che non riesco a direzionare la moto che va per conto suo, non rieco a stare in piedi, nemmeno seduto, è una cavalla pazza imbizzarrita sotto acido. Mi fermo e con Alex diamo una controllata.
“You are lucky man!”
Avevo i risers competamente svitati. Il manubrio toccava ora il cupolino, ora il serbatoio.
Serro le viti e ripartiamo.

La pista che si perde nel vuoto. Sconfiniamo poi in territorio afghano.

 

“Alcuni viaggi hanno molti inizi, e questi non sempre coincidono con il giorno della partenza”

Leggi la intro di questo viaggio

Parco dello Zorkul – Langar

Prima di uscire dal Parco e arrivare al check-point dei militari affianco Riccardo e Viky che in sella al loro Ktm 990, non senza difficoltà e paura, hanno affrontato e superato un’infinità di pozze, guadi, sabbie, pantani e millemila altre avversità ed ostacoli, sempre pronti al pericolo, sempre pronti ad aiutare il prossimo.
E come un Re fa con il suo più valoroso Cavaliere, impugnando la leva caccia copertoni e colpendolo per tre volte sulla spalla, pronuncio la formula sacra: “In nome del Dio del Fango, della Santissima Vergine della Sabbia e dello Spirito Santo del Guado ti nomino Cavaliere Sporcoendurista.”

Terminata la cerimonia e vista la particolarità della giornata e del luogo gli dono anche la Cintura Nera di Enduro per le gesta e la nobiltà con cui s’è distinto in battaglia.

Arrivati al check-point prima di Khargush, unico punto da cui uscire dal Parco dello Zorkul da cui poi andare a prendere la strada per Langar e il Corridoio del Wakhan, chiediamo notizie di Nonno Peppe e Francesca che stamane erano partiti con ben due ore di anticipo su di noi.
I militari ci dicono che non è passato nessuno. “Come nessuno, impossibile!”.
Gli descriviamo quella chiavica di moto con cui viaggia Nonno Peppe, un accrocco di Transalp con pezzi di scarto di Africa Twin, gli facciamo vedere le foto, ma niente, di lì sembra che non sia passato nessuno.
Iniziamo seriamente a preoccuparci non fosse altro che sulla moto di Nonno Peppe è stipata la bottiglia di vodka di riserva.
A risolvere la situazione arriva il boss del check-point che ci dice che c’è stato un cambio di guardia, i soldati sono qui da poco. Ci fa vedere il registro dove vengono annotate le targhe. Notiamo che c’è quella di Nonno Peppe e tiriamo un sospiro di sollievo. La vodka è salva.

corridoio del Wakhan 2015tajikistan afghanistan pamir corridoio del Wakhan 2015

Ci salutiamo con Alex che prosegue fino a Korog. Noi invece ci fermeremo a Langar. Mancano 75km ma sono infiniti.

L’unica strada del Pamir che può definirsi “strada” è la M41, la Pamir Hightway. Tutto il traffico su ruota passa di qui. Più a Nord c’è stata una frana che ha deviato un corso di un fiume che ha inondato una vallata creando un lago naturale. Lì su la M41 è bloccata e tutto il traffico ora si è riversato sulla piccola stradina che costeggia il Corridoio del Wakhan.

Ci vediamo costretti a combattere contro colonne di camion Cinesi che procedono lentamente su questa pista ormai distrutta dal loro passaggio. E’ follia pura provare a superarli perchè alzano polvere e sabbia in nubi impenetrabili mentre di lato c’è un precipizio di centinaia di metri.

Dopo giorni immersi nell’aridità paesaggistica dei 4000 metri dove non si vedono alberi e cespugli ma solo erba brulla e spelacchiata e pietre aspre planiamo dall’alto e atterriamo dritti sul Corridoio del Wakhan.
Il panorama che si apre quasi squarcia la vista.
Una stretta striscia di terra, un corriodoio appunto che ha come pareti le più alte catene montuose. Hindu kush, Karakorum e Pamir convengono proprio in questa regione.

Hindu kush Karakorum Pamir Hindu kush Karakorum Pamir Hindu kush Karakorum Pamir

Quasi non crediamo ai nostri occhi: campi arati, alberi da frutto, verdura. Sono due settimana che non vediamo un frutto piantato!

Arrivati quasi a sera a Langar troviamo Nonno Peppe e Francesca che ci aspettano annoiati sul ciglio della strada. Prediamo una Homestay dall’unica signora che parla inglese.

Sono le 19:37, andiamo a dormire più presto del solito, decisamente ammaccati, decisamente sporchi, decisamente stanchi.

Respirando l’Afghanistan

Al telefono gracchiante Andrea l’Afghano ancora a Murghab ci ha detto che Tiziana è ok, è in viaggio verso l’Italia. Lui il mattino seguente si metterà in marcia per raggiungerci. Eviterà la deviazione per il Parco dello Zorkul e punterà dritto verso Langar e poi Korog.
“Ok, allora noi allentiamo il passo e ce la prendiamo con comodo. Dai sbrigati!”

Ci bastano due passi per il piccolo paesino di Langar e già abbiamo visto tutto: Un market che vende il nulla, un cimitero o una tomba fatta di teste e corna di montone, un ponte chiuso che porta dall’altra parte, il lato afghano.

Ci prendiamo cura di noi stessi: lavandoci in un torrente ghiacciato. Rattopando pantaloni e magliette bucate. Scambiando affettuose coccole con animali locali.

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La strada è come fosse la televisione. bambini e bambine, mamme e vecchie signore a parlare fuori e a veder passare polverosi camion cinesi, qualche folle giramondo in bici e temerari avventurieri che percorrono il Mongol Rally.

Mentre rientriamo alla homestay vedo un gruppo di ragazzini che tira calci ad un pallone. Ci guardano e ci riconoscono al volo: “Ital’yanskiy, Ital’yanskiy”.

Li supero e da dietro mi sento chiamare “Pirlooooo” e il bullo di quartiere mi crossa la palla.
E’ lunga, faccio due passi indietro, e guardando il bullo negli occhi stoppo di tacco e al volo me la porto sulla coscia, addomestico a terra il pallone e con ghigno romano gli dico: “Francesco Totti!”
Poi restituisco la palla ai ragazzini, ma non calcolo che ai piedi ho gli stivali da fuoristrada e tiro una cannonata che la palla va oltre i confini del Pamir.

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Perdiamo altri due giorni qui. Alle squallide ma gratuite terme di Zongol a pochi kilometri da Langar ci chiedono 10 somoni (1,17euro a testa). Riccardo fa una scenata pazzesca che quelli si spaventano (e un po’ pure io mi spavento) e alla fine gli da solo 1 somone (0,12 euro!).

La signora dove alloggiamo cucina malissiamo. Ci rifila quel maledetto e fetente salame fritto che ci serve in tutte le salse: Vicino al latte e biscotti, vicino al pasticcio di frattaglie. A piano a piano ci avvelena tutti che a turno ci facciamo le solite 2-3 ore di seduta sul buco.

Ripartiamo dirigendoci verso Ovet, verso Iskashim. Lì c’è il posto di confine per entrare in Afghanistan che dista pochissimi metri da noi. Costeggiamo il grande letto del fiume Panji, guidiamo con la stessa velocità dell’acqua che scorre placida, quasi ci facessimo trasportare serenamente dal fiume.
Elementi assurdi compongono un paesaggio assurdo: Aspre montagne innevate a delimitare l’orizzonte, sponde sabbiose bagnate da un fiume grigio, prati verdi e orti coltivati.

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Visitiamo il Forte di Yamchum e dormiamo in una casa che sembra di essere in Grecia. Muri di intonaco bianco e finestre dipinte di blu. Ancora una serate alle terme, quelle di Bibi Fathima e poi a cena nel ristorante attiguo.
Mangiamo per l’ennesima volta male. Mangiamo malissimo: tipo fattaglie fritte e cartilagine di ginocchio di pecora.
Oltre a non saper cucinare, i patti sono anche miseri, spogli e maleodoranti di grasso di montone. Questa cosa manda su tutte le furie Nonno Peppe.
Va via la corrente e quando chiediamo il conto ci aggiungono 3 somoni extra perchè la cuoca ha cucinato al buio!
A Nonno Peppe gli parte la brocca. Si incazza ancora di più e quasi non prende a sediate la tipa che vi voleva fregare rinfacciandole che anche noi abbiamo mangiato al buio!

Ishkashim – Khorog

Continuiamo a costeggiare il Panji. Ora questo immenso fiume si allarga ancora di più quasi che stia per sfociare in un mare vicino. Sembra che siamo arrivati al suo estuario, ma si allarga sempre di più almeno fino ad arrivare ad Ishkashim, da lì in poi si infila in una gola stretta appena 5 metri con un ululato spaventoso, acqua spumeggiante che sbatte con forza sulle pareti rocciose, il vento che è un risucchio che sembra trascinarci via.

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Una delusione immensa è trovare la frontiera con l’Afghanistan chiusa. Non desistiamo, proviamo a corrompere i militari dicendogli che siamo degli inviati dell’importante Magazine Sporcoendurista. Ma niente, non ci cascano, non si passa. Non ci resta che puntare a Nord e cercare da dormire.

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