Prologo
L’anno scorso sull’aereo di ritorno da Berlino lo dissi: “il prossimo anno in vacanza andiamo in moto! Mi sono scocciato di partire dal punto A per arrivare al punto B senza vedere tutto quello che sta nel mezzo!”
Naturalmente come sempre tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e anche quest’anno per paranoie stupide ho rischiato di ripetere la storia dell’anno scorso finché tutte le serate passate su google maps e qualche consulenza con alcuni Sporchi hanno portato i loro frutti.
Vado nei Balcani ho pensato…
Le proposte fatte agli amici a riguardo non hanno riscosso successo, Elena era un po’ impaurita e considerando che al massimo fin’ora in due non abbiamo fatto più di 200km gli potevo dare anche ragione.
Vabè, andrò da solo. Programmai un viaggetto che partiva da Bar e risaliva fino all’Italia ma Elena vedendomi così convinto iniziò a pensarci seriamente. Dopo qualche giorno mise da parte le sue paure e si propose come compagna di viaggio, io contentissimo accettai e rividi l’itinerario in modo da renderlo un po’ più facile.
Traghetto da Ancona a Split passare da Mostar, Sarajevo, Ostrog e costa montenegrina per arrivare a Bar e riprendere via mare la direzione di Ancona.
Una settimana e non troppi chilometri mi sembrano un buon compromesso per il primo viaggio.
Prenotiamo i traghetti, iniziano i preparativi e io sono già eccitatissimo: le serate passate con cartine, guide e il pc davanti per trovare informazioni saranno indimenticabili…già stavo viaggiando!
Il viaggio
E’ arrivato il 4 agosto, moto stracarica (anche troppo) e via verso Ancona!
Dopo un viaggio tranquillissimo e senza traffico arriviamo al porto in larghissimo anticipo ma mi accorgo che alla moto vibra pesantemente il manubrio a basse velocità, non mi preoccupo più di tanto e cerco di pensare a una possibile soluzione.
L’attesa è lunga, facciamo pranzo con delle scatolette portate da casa, un giornalista locale viene a intervistarmi sui pro e contro della segnaletica del porto e conosciamo William, un vespista che dopo essersi girato buona parte del centro-nord d’Italia è diretto verso Split per poi risalire dalla Croazia e ritornare a Biella dove ha casa.
Tra una chiacchera e l’altra arriva finalmente l’ora d’imbarco, ci avviciniamo al molo e il mitico 3_g passa a fare un salutino, mi ha fatto molto piacere. Nel mentre Elena fa amicizia con una coppia di Torino anche loro in moto, saranno nel traghetto con noi. Sono simpatici e ci tengono anche compagnia per un po’: lei a ciabattare con Elena e lui con me a consultare la cartina.
Chiamo Triplo per chiedere un consiglio sulla vibrazione della moto e mi consiglia di ammorbidire il precarico delle forcelle.
Si fa buio e ci conquistiamo un angolino dove dormire, io non proprio convinto del posto mi metto a studiare la mappa del traghetto per vedere se trovo un posto migliore, mi giro e Elena dorme già, morale della favola non ho dormito ‘na cippa ma ero rilassatissimo e piano piano attendo l’alba. Esco, approfitto della levataccia per fare due foto al sole che sorge dietro i Balcani, est!
Usciamo dal traghetto, con calma ci sistemiamo per partire, alleggerisco un po’ il precarico delle forcelle e sgonfio leggermente l’anteriore. Sembra funzionare, vibra sempre ma molto meno.
Direzione Mostar! Che spettacolo!
Dopo qualche decina di km di autostrada prendiamo una stradina che con un paesaggio un po’ monotono (alberi e sassi) ci porta fino alla frontiera bosniaca.
Io che solo all’estero mi comporto come se non fossi italiano, mi metto in coda che è lughissima quando mi spunta un benzinaio e mi suggerisce con aria convincente di passare avanti. Gli do retta e arrivo davanti al poliziotto, Elena gli fa vedere i documenti e lui ci fa gesto di passare con un’aria un po’ schifata, sembrava più un vaccagare che un welcome.
Il traffico bosniaco è lento, i limiti sono bassi e ogni 10 km c’è la polizia, ogni tanto spunta qualche shumacher della situazione che fa sorpassi da eroe con coreografiche fumate nere e di solito hanno una golf anni 80.
Il gps ci porta proprio in centro a Mostar e seguendo la direzione che indicava un personaggio bosniaco che saltato fuori dal bar mi viene incontro blaterando in tedesco, io gli dico che sono italiano e allora comincia a comunicarmi con gesti e suoni. Il tipo ha ragione! Dopo cento metri mi fermo, io faccio la guardia alla moto e Elena va a cercare dove dormire, dopo 10 minuti torna sorridente: ha trovato una camera da una signora, ci fa dormire per 2 notti per 40 euro e abbiamo un bel cancellone per far stare la moto al sicuro. La sensazione che si percepisce è di sicurezza ma notando come la moto risquotesse successo tra la gente locale mi sentivo più sicuro con la tenerella al chiuso.
Ci riposiamo un po’ e verso le 15 usciamo a fare i turisti, giriamo l’angolo e ci accorgiamo che il ponte vecchio (stari most) è proprio lì a pochi passi dalla camera.
Mostar è stupenda, tutti quei minareti e il centro storico molto curato pieno di ristorantini, negozi di souvenir e di artigianato locale la rendono davvero unica. Ci sono tanti turisti di tante nazionalità e anche diversi italiani, molti erano lì per la vicinanza da Medjugorie.
La scelta di stare anche il giorno seguente ha fatto sì che ci siamo visti tutto quello che c’era da vedere in tutta tranquillità complice anche il fatto che le cose interessanti da vedere siano tutte concentrate in poco spazio.
Si alternano edifici ristrutturati con molto gusto ad altri completamente distrutti, ma l’aria che si respira è quella di un felice borghetto.
Io sono quasi diventato dipendente da ?evap?i?i e caffé turco. Faccio anche una gaffe chiedendo in un ristorante a gestione musulmana una birra.
7 agosto, la tabella di marcia dice Sarajevo. Ricarichiamo la moto e salutiamo la signora della camera… gli diamo anche un’umile mancia, se la meritava, è sempre stata gentile e affettuosa.
I chilometri sono pochi (130 se non sbaglio), ma il passo lento ci ha fatto mettere un po’ di tempo.
Arrivati in città ci troviamo in uno stradone con tanti semafori, qualcuno, per vedere da vicino la moto, rischia di ammazzarti ma si scorre abbastanza bene.
Mi fermo, scende Elena, scendo io… ma Elena dov’è? Era già partita a cercare un alloggio. Dopo un quarto d’ora torna, ha trovato una pensione a 20 euro per notte ma siamo in Piazza dei piccioni e con posto quasi sicuro per la moto. Anche qui faremo sosta per 2 notti.
Abbiamo anche un minareto sopra la testa e ogni tanto si sentiva il Muezzin che ci ricordava l’atmosfera che si sentiva fuori: qui l’influenza musulmana si sente molto e ne siamo stati piacevolmente avvolti per tutta la durata del soggiorno.
Ovunque c’è odore di carne alla brace che a tratti si mischia al fumo proveniente dalle fumerie e degli incensi.
Altri due giorni a turisteggiare e a fare delle gran mangiate.
Sarajevo ha un fascino particolare, anche qui si trovano ovunque i segni lasciati dalla guerra, la biblioteca è uno di questi che ancor di più mette l’amaro in bocca se si pensa alla sua triste storia.
La gente è piacevolmente animata e se non fosse per queste cicatrici quasi ti dimentichi quello che hanno passato.
Sarajevo mi mancherai.
Il 9 agosto sveglia prestissimo, c’è la tappa più lunga che poi in verità si è quasi raddoppiata.
L’obbiettivo era quello di arrivare ad Ostrog e fermarsi a dormire se non fosse che arrivati lì ci siamo accorti che a parte il monastero non c’era un cavolo e quindi abbiamo deciso di continuare fino a Cetinje. É stata una tappa molto intensa ma una volta trovato alloggio e essersi rilassati abbiamo dovuto riconoscere che è stata anche la più bella.
Il traffico di Sarajevo a quell’ora era tranquillo, abbiamo trovato anche un pullman dei carabinieri e due fuoristrada degli sminatori segno che ancora lì c’è del lavoro.
La strada che porta al confine montenegrino la facciamo con un nebbione assurdo e dopo aver attraversato paeselli che nel mio immaginario mi ricordavano la Russia ci ritroviamo in una stradina strettissima, a tratti asfaltata a tratti sterrata, dove c’era ogni tipo di animale da fattoria che attraversava, dalle galline ai tori passando per le pecore. In un punto come ponte c’erano tavole di legno messe alla menopeggio.
Arriviamo alla parte di frontiera bosniaca ci fermano, mi chiedono la carta verde e io mi ricordo che era nel punto più nascosto dei bagagli, il poliziotto vede che inizio a sbaraccare per trovarla e con una pacca sulla spalla mi fa capire che non importa.
Attraversiamo un ponte di ferro con doghe in legno mancanti da brivido giriamo una curva ed eccoti la frontiera montenegrina, qui invece pretendono la carta verde e quindi mi tocca disfare i bagagli.
Welcome in Montenegro! Passiamo e dopo pochi chilometri sembra di essere in paradiso, la nebbia della partenza ormai ce la siamo lasciati alle spalle e ci ritroviamo immersi in una natura spettacolare.
Piccola sosta caffè e direzione Ostrog. Negli ultimi 10 km prima di arrivare al monastero mi sono fatto la cagata sotto più grande della mia giovane carriera motociclistica: una serpentina strettissima con l’asfalto spaccato che creava scalini alti 10 cm con un dirupo di non so quante centinaia di metri senza nessuna protezione, anzi delle volte c’erano veri e propri scivoli di cemento. A moto stracarica quando dovevo farmi da parte per fare spazio alle macchine o i pullman che venivano in senso contrario ho veramente sudato freddo.
Il pensiero di ridover fare quella strada in discesa e sapendo che ancora a Cetinje mancava un bel po’ hanno fatto sì che la sosta al monastero sia stata velocissima, per entrare dentro c’era una coda chilometrica e abbiamo rinunciato.
Ripartiamo alla volta di Cetinje con un caldo atroce e arrivati ci mettiamo a cercare un posto dove dormire. Chiedendo alla gente sembra che ci sia solo un “Grand Hotel”, non fa al caso nostro e al centro informazioni turistiche ci trovano un appartamentino per 30 euro a notte. Accettiamo! Il proprietario viene a prenderci direttamente lì e ci scorta fino a destinazione.
Arriviamo e noto subito che la moto non passa dalla porticina per arrivare al cortiletto dove dovrebbe passare la notte, smonto borse paramani e bilancieri e con l’aiuto del tipo ce la faccio a farcela passare.
L’appartamento è piccolissimo e accogliente e il proprietario è un personaggio troppo divertente, viene a trovarci e ci regala anche delle susine. Fuma una sigaretta dopo un’altra e tra una chiacchera e un’altra mi disegna la mappa della costa montenegrina nell’agenda.
Siamo stanchissimi, usciamo per fare cena e andiamo a letto presto.
Cetinje, che una volta era la capitale del Montenegro è piccola e c’era un’atmosfera calmissima, proprio quello che ci voleva dopo una giornata così.
Ormai siamo al 10 agosto, rimonto la moto e partiamo per la costa, malsana idea.
Scendiamo fino a Budva, il paesaggio è splendido ma c\’è un casino assurdo, qualche incrocio è una roulette russa, le macchine ti passano da tutte le parti e ogni 5 chilometri ne fai 15 di coda.
Saliamo fino a Kotor poi riscendiamo a Sveti Stefan dove troviamo un ragazzo italiano su Bmw che faceva un bel giro per i Balcani per poi prendere la direzione di Istanbul.
Altri chilometri di code e arriviamo a Bar che è già pomeriggio.
Bar fa schifo, quindi penso di andare a cercare alloggio a Bar vecchia (Stari Bar). Il paesino non è un gran che ma sembra più ospitale della città nuova, solita scena di Elena che scende a cercare un letto ma a questo giro la vedo tornare seria: c\’è solo un posto dove dormire ed è una cantina.
Riprendiamo per Bar ma ci sono solo strutture che io chiamerei dormitori per turisti serbi.
Sfiniti dal trasferimento traumatico ci accontentiamo e con amarezza diamo 20 euro per uno al gestore.
La sera ceniamo in un ristorantino non male e con personale molto gentile e simpatico per poi andare di corsa a letto.
L’indomani il simpaticone del proprietario del dormitorio ci viene a bussare alle 8 per farci sloggiare e il traghetto lo abbiamo alle 16.30. Ormai tristi per l’imminente ritorno a casa ce ne andiamo a coda bassa verso il porto dove, tra un caffè e una passeggiata, passiamo la giornata.
Saliamo nella bettola che ci deve portare fino ad Ancona, per fortuna vengo avvicinato da un biker tedesco (che però era in macchina) che mi fa scorrere un po’ il tempo.
Solita notte in bianco.
Lentamente arriva l’ora di sbarcare, solite manovre per ricaricare la moto e ci accorgiamo che tutti hanno già passato la dogana, hanno chiuso i cancelli e noi siamo chiusi in territorio internazionale.
Usciamo da una uscita di servizio, aspettiamo un poliziotto e si riparte verso casa.
Il viaggio Ancona-Colle l’ho preso con una certa fretta, avevo sonno ed ero tutto incriccato per aver dormito in posizioni assurde che non vedevo l’ora di arrivare a casa.
La prossima volta almeno al ritorno prendiamo la cuccetta.
Conclusioni
Questa cosa, che sembrava cosi difficile fino al momento di fare il passo più lungo, cioè comprare i biglietti dei traghetti, si è rivelata QUASI una passeggiata; abbiamo fatto tutto con molta calma apprezzando ogni singolo minuto del viaggio.
E’ stata la nostra prima esperienza a riguardo e la voglia di ripartire si fa sentire già da ora.
Anche il rimorso di non essere stati fuori per qualche giorno in più si fa sentire, ma al momento della decisione non era facile riuscire a pensare che tutto potesse andare per il meglio.
La moto è stata un gioiellino e anche stracarica non mi ha dato mai l’impressione di essere affaticata. In alcune situazioni la sua impostazione enduristica mi ha aiutato molto e il suo consumo onesto mi ha fatto spendere veramente poco per la benzina.
Elena è stata davvero mitica, c’è stata un’ottima sintonia tra di noi. Da subito mi ha aiutato a fare tutte le procedure carica-scarica tipiche del viaggio in moto e addirittura pretendeva di rimettere a posto i bagagli da sola mentre io me ne stavo spaparanzato sul letto. Mi ha anche stupito quando di sua spontanea volontà ha iniziato a fare foto e video dalla moto in movimento.
Dopo tre anni di patente e dopo uno con un’endurona ho finalmente smesso di stare solo a sognare guardando i viaggi degli altri e spero che questo report smuova altri possibili viaggiatori.
Le emozioni che da la moto in queste situazioni non le da nessun altro mezzo di trasporto e aggiunge quel pizzico di avventura che rende il viaggio ancora più affascinante.
Basta solo darsi dei limiti magari iniziando con una cosa semplice come ho fatto io.
Vorrei ringraziare tutti gli Sporchi che direttamente e indirettamente mi hanno stimolato così tanto da farmi “smuovere”, la gente che ho conosciuto nel viaggio, i bosniaci e i montenegrini che ci hanno sempre fatto sentire a casa (a parte il gestore del dormitorio).
A Fabrizio e Daniela.