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Seconda Puntata: Sarajevo.

Sono un euforico psicopatico estremista del minimalismo del bagaglio da viaggio. Ho ridotto al minimo tutto tanto da arrivare a domandare anni fa ad un nomade in Siria di prestarmi una busta di plastica perché il mio zaino si era rotto.

Quest’anno un avvenimento ha stravolto il settaggio del mio bagaglio da moto. La mia vecchia e fidatissima mirrorless Olympus dopo l’ennesima botta presa in qualche mio capitombolo enduristico ha deciso di prendersi una vacanza e non ne ha voluto sapere niente di partire per il Senza Meta Tour, non se la sentiva. Questa cosa mi ha costretto a portarmi dietro una pesantissima Canon, assolutamente incompatibile con il mio minuto bagagliame.
Non volendomi rovinare la fama acquisita da anni e anni di viaggi disagianti, per conservare lo stesso volume rinuncio a portarmi dietro il sacco a pelo.

Perchè racconto questo?
Perchè la prima notte in tenda, con umidità, nebbia e freddo nelle ossa ho non-dormito malissimo sul materassino gonfiabile. Lo svegliarsi e non riuscire a dire buongiorno per le labbra viola e perchè i denti mi battevano ancora dal freddo mi ha fatto capire che “forse” un piccolo strappo posso farlo, e magari comprare un sacco a pelo non sarebbe una cattiva idea.

Sulle rive del lago Jablanica i pochi pescatori sono sul lato al sole. Noi invece ancora all’ombra. Facendo un rapido calcolo i primi raggi arriveranno a scaldarci solo fra 4-5 ore. Dobbiamo muoverci. Ripieghiamo allora le tende tutte ancora piene di rugiada e le mettiamo così come sono mezze arruffate nelle custodie. Magari poi non appena facciamo una sosta al sole le facciamo asciugare. (questa sosta non verrà mai fatta, le tende resteranno lì ad ammuffire)

seconda puntata del viaggio nei balcani

Da Mostar a Sarajevo

La strada M17 è bella e immersa nel verde e si guida serena mentre si è avvolti dal paesaggio di gole ripide e acque limpide della Neretva.

Un segnale di “lavori in corso” messo male da non essere perfettamente visibile e veniamo ingoiati in una galleria, in un Tunnel della Morte con asfalto grattugiato e canaloni e la moto che va dove le pare. Fabio il Saraceno entra per primo, lo seguo a ruota e nel buio più totale della galleria vedo il suo fanalino posteriore scartare paurosamente di qua e di la. E’ un momento di adrenalina, paura e terrore ma a me scappa da ridere, rido sonoramente nel casco che rimbomba sulle pareti della grotta in cui siamo finiti e suono il clacson verso Fabio, così per istinto, quasi stessi intonando il suo requiem.

Sarajevo

Entriamo a Sarajevo. Grazie ad Air B&B troviamo subito una stanza con 3 letti da Kehan. La sua casa è su una collina a Nord della città, dopo la Biblioteca Nazionale la Vijecnica, uno splendido edificio austroungarico bombardato ed incendiato dagli estremisti serbo-bosniaci durante l’assedio alla città. Era il 25 agosto del 1992 e milioni di libri andarono in fumo e si persero per sempre tra le macerie della biblioteca.

Biblioteca Nazionale la Vijecnica di SarajevoBiblioteca Nazionale la Vijecnica di SarajevoBiblioteca Nazionale la Vijecnica di Sarajevocosa vedere a SarajevoAl telefono con Kehan siamo abbastanza insistenti sul garage: “si si si, ci serve un posto moto, assolutamente”

Ma quando Kehan ci vede arrivare sotto casa sua con i nostri 3 cancelli con le mani a conchetta e con sorriso denigratorio esclama: “me chi se le pija ste moto!”

Parcheggiati i ferri vecchi usciamo a fare due passi. Sembra una bella giornata, sembra… in un attimo si abbuia tutto, inizia a piovere forte e la temperatura scende vertiginosamente. Siamo a maniche corte e con le scarpe zuppe nelle pozzanghere. Ci rifugiamo al coperto nella Galleria-memoriale 11/07/95.

Don’t forget Srebrenica

La Galleria-memoriale 11/07/95 è stata finanziata interamente dal governo turco e ospita una mostra permanente sul genocidio tutto europeo di Srebrenica avvenuto proprio l’ 11 luglio del 1995. Migliaia di civili musulmani furono barbaramente massacrati dalle truppe serbo-bosniache entrate nell’area protetta dalle Nazioni Unite dove si erano rifugiate per scappare dalla guerra. Il Massacro di Srebrenica si consumò sotto gli occhi dell’esercito olandese e dei caschi blu dell’ONU che non fecero nulla per fermare le barbarie.

Foto, video, manifesti, murales, locandine e poster. Un calcio forte diretto senza avviso in pieno stomaco e poi silenzio. Usciamo emotivamente provati, scossi, con addosso la consapevolezza cruda della nostra prima guerra vissuta da “vicini”. Le precedenti non facevano così male perchè studiate tra le pagine dei libri di storia. Questa invece l’abbiamo seguita dal vivo, l’abbiamo letta sui giornali e guardata in TV.

Galleria memoriale 11-07-95Galleria memoriale 11-07-95don't forget Srebrenicadon't forget Srebrenicacimitero Sarajevo cimitero Groblje Alifakovaccimitero Groblje AlifakovacSarajevo la conosco bene e visto che qui sono di casa, voglio portare i 2 miei compagni di viaggio a cena in un bel ristorante: Karuso di Sasha. Arrivati troviamo tutto pieno. Vabbè non fa niente, salutiamo Sasha e prenotiamo per la sera successiva.

Ritorniamo a quello che ormai è il nostro pub, il Sarajevska. Perdendoci anche a piedi passiamo nel cimitero Groblje Alifakovac che si trova proprio in mezzo alle case che sembra quasi un tranquillo giardinetto pubblico da cui fanno capolino una fitta rete di tetri steli bianchi.

Al pub Sajevska la serata è molto interessante con musica jazz e soul dal vivo, brani inediti e pezzi suonati un gran bene da un gruppo locale. Seduti al nostro tavolo stiamo davvero bene e dondoliamo teste e spalle portando il ritmo.

L’Orrore quando si alzano tutti assieme un gruppo di turisti italiani aviotrasportati nella splendida città di Sarajevo da chissà quale Tour Operator. C’è su una canzone dei Doors e loro si mettono a ballare con passi di salsa tutti assieme al centro del pub, sotto gli occhi di tutti e senza vergogna!

Ma Cristo santo! Ma dove vi credete di essere? In qualche fetida palestra di periferia con i muri pregni del vostro sudore puzzolente e lo specchio appannato dal vostro fetido fiatone?

Questo è il pub Sarajevska! Ma la conoscete la sua storia?

Sarajevska pivara

Unica birreria, unica davvero, che ha servito da bere sia durante l’Impero Ottomano che durante l’Impero Asburgico. Sopravvisuta alla Grande Guerra, semidistrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, nel dopoguerra è in ginocchio.

Si decide di nazionalizzarla e lo Stato si fa carico di rimetterla in piedi perchè una buona birra è un diritto sacrosanto di ogni cittadino. La produzione di birra non si ferma nemmeno durante l’infame assedio della città da parte delle forze serbo-bosniache. Ricordiamoci poi che è stato il più lungo assedio in era moderna.

Durante i primi anni ‘90 mentre Sarajevo era bombardata, si correva a perdifiato evitando le pallottole dei cecchini verso il vecchio bancone di legno della Sarajevska che non ha mai smesso di funzionare nemmeno nelle ore più buie dei Balcani.

All’interno un locale su due piani in legno e ferro che è un teatro della birra. Dietro invece il bellissimo edificio dell’antica fabbrica e la grande ciminiera in mattoni.

sarajevska pivara pubsarajevska pivara ristorante

Salsa & Merengue & Doors

E voi? Voi branco di turisti addomesticati e sedati e imbustati in pacchetti all-inclusive che rappresentate il peggior prodotto del Made in Italy che esportiamo.

Voooooooiiiii cheeeeeeee faaaaateeeeeee?

Mentre un fantastico gruppo musicale bosniaco suona divinamente voi zompettate malamente a passi di salsa & merengue le note di una canzone dei Doooooooooors?

Ma io vi maledico come la birra analcolica!

Prima di uscire dal locale vado dal frontman della band e gli porgo ufficialmente le scuse da parte di tutta l’Italia sana.

Pelo

Domani dovremmo ripartire e ci aspettano altre notti in tenda e un’altra notte al freddo come quella sul lago Jablanica non voglio rifarmela e decido che è ora di comprare un sacco a pelo. Lascio i due a passeggio in centro e mi dirigo verso la periferia, verso la zona dei centri commerciali.

E’ un dato di fatto, le ragazze dell’Est sono belle, bellissime. Le vedi in giro, passeggiare in centro a Sarajevo con una eleganza felina e con capezzolini ipnotici che fanno capolino sotto le canotte.

Le stesse ragazze bosniache che poi vanno a fare shopping nei centri commerciali e si mettono in tiro che quasi fanno paura. Sono qui in questo centro commerciale tutto solo senza i miei compagni di viaggio e sono circondato a 360° da questo bellessere divino.

Stordito dall’innumerevole massa di patat … belle ragazze e camminando come The Walking Dead entro nel primo negozio sportivo. Una commessa mi si avvicina, è bellissima, è vestita da runner: maglietta fluo aderente e fuson e chiappette scolpite direttamente dalle mani di Antonio Canova o forse dal Bernini.

Cerco di spiegarle che sono in cerca di un sacco a pelo, ma balbetto e inciampo con il mio inglese mezzo mozzicato.

Le parlo lentamente con in testa le lettere PI, E, ELLE, O, P E L O, che lampeggiano in maniera epilettica come dei neon rotti nel mio cervello. PI, E, ELLE, O, PELO, PI, E, ELLE, O, PELO, PI, E, ELLE, O, PELO, PI, E, ELLE, O, PELO, PI, E, ELLE, O, PELO, PI, E, ELLE, O, PELO, PI, E, ELLE, O.
4 lettere e un solo pensiero.

Rinuncio, esco, vado via prima che la commessa runner possa girarsi e come le Sirene per Ulisse ipnotizzarmi con le sue chiappette melodia per i miei occhi.

Smontic a Sarajevo

Raggiungo l’Afgano e il Saraceno ormai rientrati e sbragati sul nostro terrazzino con gazebo, non gli dico niente della storia della commessa runner e della mia ricerca del Pelo.
Pomeriggio in veranda che piove, poi esce il sole e poi piove ancora. Sembra finalmente che migliori ma poi altri scroscioni di secchiate gelide e intermittenti che rende impossibile qualsiasi previsione. Vorremo fare strada fino al villaggio di Lukomir a 2000 metri di altezza, ma se piove così è impossibile, sarebbe un calvario. Compriamo altre birre, ci rassereniamo e ci lasciamo scivolare addosso questo pomeriggio balcanico.

pomeriggiosul terrazziono a perder tempomoroboschie e l'afganoSimone SmonticFabio il Saraceno e Simone SmonticConnettendosi a facebook Simone Smontic fa una bella cavolata: aggiora il suo stato e pubblica una foto che lo ritrae assieme a Lucia in un campeggio alle porte di Sarajevo. WOW! Andiamo dai e con la scusa di salutarlo gli scrocchiamo il caffè. Simone Smontic è in viaggio con il suo super Camion camperizzato e una moka sicuramente se l’è portata dietro. Silenziosi come sciacalli notturni gli piombiamo addosso rovinandogli il riposino pomeridiano. Lui ci ripaga con la stessa moneta rovinandoci la bocca pregustatrice di caffè italiano e ci serve invece un triste e anonimo Nescafè.

Ma vi rendete conto che lo Smontic e Lucia si sono costruiti un camion che è molto più grande di qualsiasi bilocale di città, quasi come una villetta bifamiliare di provincia … e non hanno la moka!!!

Prima di rientrare a casa saliamo sul Monte Trebević dove si trovano gli impianti sportivi delle Olimpiadi Invernali del 1984 che si sono svolte proprio qui a Sarajevo. Tutto versa in uno stato di abbandono. Dall’alto però si apre una vista a tutto campo sulla città. monte-trebevicmontagne sarajevo monte trebevic

Ristorante Karuso

Usciamo prima che faccia sera e ci avviamo a piedi verso il ristorante di Sasha. Non appena arriviamo al locale da un cielo cupo viene giù una pioggia pesante e rumorosa. pioggia a Sarajevopioggia a SarajevoDal menu ordiniamo ogni ben di dio, la fame è tanta. Alla nostra sinistra un tavolo di austriaci, mentre al tavolo sulla destra sono seduti 3 ragazzi turchi, Melis Birder, Berke Baş e Vassaf Gündüz. Sono due filmaker e uno scrittore e partecipano al Sarajevo Film Festival con un loro documentario: Baglar. Il tema che trattano è molto scottante e gira attorno ad una squadra di basket del quartiere di Baglar nella città kurda di Diyarbakir. Sono anni difficili di scontri violenti tra lo Stato Turco e il movimento di protesta Kurdo.

ristorante Karuso Sarajevonotte-a-sarajevosarajevo-notteIniziamo a chiacchierare di tutto, anche di politica, di viaggi, di balli e c’è sintonia tra noi 3 e loro 3. Prendiamo possesso del locale e il nostro tavolo diventa il centro di gravità permanente che cercava Battiato. Anche gli altri avventori del locale si uniscono alle nostre chiacchiere e tiriamo fino a tardi.
Sasha deve chiudere e ci spostiamo fuori. Risate grasse e sonore e poi vino e palinka gentilmente offerta da Sasha che ora è assieme a noi. Mette play sul telefonino e parte Dalla che canta Caruso e partiamo anche noi ad ululare “te voglio bene assai”. L’Afgano traduce in diretta il testo della canzone ai ragazzi turchi.

“Sono vecchio come la mia esperienza, sono giovane come i miei sogni”
(ho annotato questa frase, ma non ricordo più chi l’ha detta, forse lo scrittore turco)

Siamo al surreale, qui a fumare sigarette turche bevendo vino erzegovina e cantando una canzone italiana in un ristorante di pesce a sarajevo. E la notte è appena iniziata.

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