Prima puntata: Partiti da Milano, attraversiamo Austria e Ungheria per arrivare ad Oradea, Romania
Il versante che ci si para davanti è una parete verde di conifere, alberi acuti come le loro foglie che si ergono verticali verso il cielo. La stradina finisce lì, si interromepe bruscamente, poi il vuoto. Scesi dalle moto ci affacciamo con il casco al di là del precipizio che separa il nostro versante da quello di fronte. Sguardo preoccupato.
Giù, lì in fondo il verde si fa scuro e non lascia spazio alcuno alla terra. Pochi suoni a dare voce a questo paesaggio:
– un vento fresco di montagna che soffia tra i rami,
– un corso d’acqua che serpeggia a fondo valle,
– un cinguettio dolce di uccellini in estate,
e poi …
– delle vocali umane masticate male.
“Ehiiiii … ragazziiiiii … Ehiiiii”
Un quadretto bucolico perfetto se non fosse per quella voce sorda e attutita che salta fuori dalla fitta vegetazione:
“Sono quiiiii – Non vi preoccupateeeeee …. Non mi sono fatto nienteeeeee”
Ci togliamo i caschi guardandoci tutti e tre con un filo di speranza e preoccupati allunghiamo il collo oltre il bordo della strada.
Lo riconosciamo, è lui: Elia il Profeta, l’abbiamo trovato, è ancora vivo.
Io, l’Afghano e il Saraceno tiriamo un sospiro di sollievo, l’ultimo della giornata per l’amico ritrovato; i prossimi sospiri saranno di pena, odio e tormento per recuperare e riportare su il Profeta, inaspettatamente illeso, dalla scarpata in cui è caduto.
Inizio a scendere per primo, mi tolgo il casco e lo lascio sulla moto. Ma da solo non ce la faccio e a darmi una mano Andrea l’Afghano mi segue; scende anche lui solo dopo essersi tolto anche la giacca e una volta tirate su le maniche, facendo “no no no” con il capo, mi preannuncia le fatiche che ci attendono.
Impieghiamo oltre 1 ora e almeno 4 litri di sudore a testa. Cerchiamo una pendenza meno infame da poter affrontare in moto e un fondo con meno rami e tronchi per poter spingere Elia e lanciarlo verso la vetta. Dopo averlo osservato cadere e rotolare giù per 3 volte, solo allora ce lo carichiamo a braccia e lo tiriamo su.
Accaldati, sfiniti e impiastricciati di polvere e sudore e con ancora in bocca “daje” e bestemmie conquistiamo la cima della collina che nemmeno nel film Hamburger Hill hanno patito così tanto.
il Profeta
Elia non ci da tempo, nè di prenderlo per il culo, nè tantomeno provare a chiedergli il perchè s’è lanciato nel vuoto. Appena riusciamo a riportarlo sul crinale della collina, si sbraccia, si dimena e inizia a parlare con voce aulica mentre guarda all’insù. Noi tre ci giriamo a seguire il suo sguardo perso in una visione celestiale, ma vediamo solo alberi, rami e montagne.
La scena di prima è ancora impressa nei miei occhi che lo seguivo a poche decine di metri di distanza: Elia si immola in un burrone, lo vedo andare giù verticale; prima la moto con la ruota posteriore che gira a vuoto e poi lui, più leggero, sparendo dall’orizzonte visivo.
Lo guardo ora: un folle invasato. Vene gonfie sul collo, barba incolta e occhi iniettati di sangue. Ora chiede la nostra attenzione ribadendo a gran voce:
Lui è il profeta e noi i discepoli. Lui il prescelto a cui sono state affidate direttamente dal Dio dell’Enduro le 10 Tracce della Romania trascritte a sangue e sudore sul suo smartphone.
A lui il compito di custodirle sacrosante come i 10 comandamenti, a noi il compito di percorrerle e seguire il Profeta.
Ha voluto solo metterci alla prova, testare la nostra fede enduristica e constatare che noi impuri, empi non siamo ancora degni dell’aureola tasselata.
“Fratelli! Orsù, senza paura, seguitemi!” grida sbraitando mentre rimonta in sella.
Riparte sgommando a tutto gas continuando la sua predica “Andiamo per la retta viaaaaa”
“Sì, però se c’è un burrone la prossima volta giraaaaa!” Gli gridiamo sperando che abbia sentito almeno l’ultima parola.
Cominciamo bene: E’ il terzo giorno di viaggio. Appena 350metri di fuoristrada dopo più di 1.400km di trasferimento per arrivare qui. Abbiamo attraversato Austria e Ungheria. Non appena entrati in Romania e messe le ruote fuori abbiamo già rischiato di perdere la nostra guida.
Percorriamo a ritroso la strada che si fa spazio nella foresta e, recuperato l’asfalto, ci dirigiamo verso il villaggio più vicino in cerca di riparo e qualcosa da mettere sotto i denti.
La partenza
Milano è un forno afoso micidiale: i vetri delle finestre appannati di sudore di una notte insonne, le mosche hanno ali appiccicate di umidità, noi fronte perlata a schiumare nel letto tra lenzuola bagnate fradicie in attesa che suoni la sveglia e finalmente metterci in sella guardando alla Romania.
Appena partiti e già sono stanco, tanto, troppo. 3 agosto, giovedì mattina e ancora traffico a cui sommare questo caldo insopportabile che squassa il fisico già provato da una notte in bianco. Mi mancano ore di sonno che si impastano a giorni di stanchezza e le prime ore di guida le passo in uno stato di trance soporifera.
Luci al neon intermittenti in un corridoio buio e lunghissimo, in fondo il reparto rianimazione e la luce con i suoi raggi che fendono l’oscurità … scrollo la testa deciso forte … metto a fuoco e sono ancora nelle gallerie all’altezza di Sondrio. Mi riaccomodo sulla sella e rientro in trance.
Un unico, grande sbadiglio lungo da Milano fino alla prima curva del passo dello Stelvio.
La canicola estiva finalmente lascia il posto ad aria fresca di montagna, la temperatura scende. Ci godiamo le curve che portano in quota per poi fermarci a fare una pausa.
Scendiamo giù dal versante che porta fino a Merano e subito prima di entrare in città ci imbattiamo magicamente nella Fabbrica della Birra Forst, una delle più grandi birrerie d’Italia. Ci concediamo una birra rinfrescante prima di rimetterci in strada e proseguire verso la Romania. Mentre siamo al tavolo tiriamo fuori la cartina e cerchiamo di geolocalizzarci per renderci conto a che punto siamo. In 4 non ne facciamo uno buono e anche con l’aiuto dei cellulari abbiamo enormi difficoltà a capire perchè da Milano per arrivare in Romania stiamo passando per Merano. Sembra strano anche ai locals a cui chiediamo; ci suggeriscono a questo punto di prendere l’autostrada a Bolzano.
Detto-fatto.
Ancora kilometri di dubbi e arriviamo nell’incantevole e caro (nel senso economico della parola) villaggio di San Candido solo nel tardo pomeriggio. San Candido è una piacevole località di villeggiatura immersa tra i boschi e circondata dalle Dolomiti. Facciamo un rapido giro per cercare un alloggio e solo dopo esserci resi conto che avremmo dovuto vendere almeno 2 organi a testa per pagare la più squallida delle sistemazioni decidiamo di proseguire in cerca di “zimmer” non appena varcato il confine con l’Austria.
Austria
Siamo fortunati perchè dopo appena 20km siamo in Austria, in una semicamerata male arredata con 8 letti fatti di materassi scomodissimi, in uno squallido albergo bordostrada, in un anonimo paesello di periferia austriaca: Sillan. Ma siamo fortunati: la cameriera che troviamo nel ristorante dell’albergo è una topa da Champions League. Pantaloni aderenti e senza reggiseno e si inarca mentre passa lo straccio sul nostro tavolo e noi con occhi a pallonetto oltre il largo collo della sua magliettina bianca ipnotizzati dal dondolare delle sue curve.
Ordianiamo qualcosa a caso senza nemmeno guardare il menu e ci serve degli schifosissimi canederli: palline di carne, pane e formaggio cotti in brodo. Osteggiamo eleganza e raffinatezza nonostate le unghie nere e gli sguardi da pesci lessi che ci ritroviamo stampati in faccia e pur di rivederla ordiniamo un bis di canederli e della verza.
Però a fine serata uno scomodo dubbio ci attanaglia.
Calcolando la rotta con Google Map da Milano (Italia) fino a Cluj Napoca (Romania) ci sarebbero volute 15 ore e 30 minuti.
Dopo più di 10 ore in sella alla moto ricalcoliamo la rotta dal punto dove ci troviamo adesso e vediamo che da Sillan (Austria) per Cluj Napoca (Romania) mancano ancora 13 ore!
Dove abbiamo sbagliato? Che ci facciamo in Austria?
Ungheria
Attraversiamo l’Austria accompagnati da una piacevole temperatura, guidiamo tra valli e montagne che si alternano in paesaggi perfetti, villaggi e paesini di case che sembrano di marzapane, fatti di biscotti e cioccolato. La strada scivola via leggera e serena fino ad entrare in Ungheria che ci accoglie con tutto il calore che ha.
Maialini ungheresi al forno
Ricetta gustosa, molto semplice e veloce da preparare:
– Prendere 4 maialini di medio peso,
– Adagiarli sulla sella della moto foderata di carta forno,
– Sale fino e pepe nero quanto basta,
– Foglie e bacche di mirto,
– Mettere in forno già caldo e aspettare un’ora di autostrada magiara,
– Alzare la temperatura del forno e aspettare un’altra ora senza soste in autogrill,
* fate attenzione: non girare mai il maialino dalla sella della moto durante la cottura.
Buon appetito!
Stiamo cuocendo a fuoco lento come maialini in forno. La carne tenera cotta sotto ore di sole e la cotenna croccante abbrustolita dalle giacche da moto ormai incandescenti. Il sole pesa sui caschi, continui colpi di sonno. L’autostrada magiara è un infinito rettilineo senza ombra che attraversa una Pianura Padana immensa, senza confini, a perdita d’occhio fino a scomparire in un orizzonte che sfuma in una fitta nebbia grigiastra e umida che inghiotte vecchie cascine abbandonate. Attorno solo campi di girasoli sfiniti dal caldo e piegati su se stessi che cercano di farsi ombra con i petali. Il tempo è fermo, immobile. Non ci passa più. L’Ungheria in moto in agosto è il Disagio.
In tarda serata deviamo verso il Lago Balaton sperando che le acque del lago possano rinfrescarci e alleviare le ore patite al caldo. Il versante nord dove sbuchiamo non è altro che un pantano di canne che aprono su una spiaggia di fango e campeggi stracolmi di turisti. Le acque lacustri aumentano ancor più disagio e umidità. Stanchi e sfiniti, prendiamo alloggio nel giardino di un ungaro-tedesco in cui montiamo le tende rigorosamente senza telo. A cena ci concediamo un hamburger, il più buono che abbiamo mai mangiato, e concludiamo la serata con shot di Unicum: l’amaro ungherese, l’amaro amaro.
Romania
Ultime ore di Ungheria, uguali identiche a quelle di ieri. Un’autostrada che punta dritta ad est con appena 3 curve accennate. Ancora afa e caldo e sonno. La monotonia è interrotta da piccoli paesini fatti di 4 vecchie cascine di una semplicità architettonica contadina. Grandi sagome di uomo e donna fatte di balle di fieno. Autogrill di stanchi condizionatori e pause caffè.
Baile Felix Romania
Entriamo miracolosamente in Romania dal confine magiaro puntando la prua della moto verso la cittadina di Oradea, quella più vicina al confine e quella un pelo più grande che ci garantirà un maggior numero di alloggi disponibili. L’ingresso è trionfante: non appena entrati in città veniamo letteralmente circondati da un centinaio di motociclisti, dal custom al superbike, dall’enduro al ciopper. 100 clacson che strombazzano tutti assieme e noi che ci lasciamo trascinare dalla corrente divertiti e senza minimamente sapere cosa stia succedendo.
Ci fermiamo davanti ad una chiesa, tutti scendono, anche noi. Appena 20km di Romania e già imbucati in un matrimonio di motociclisti rumeni. Pacche sulle spalle, auguri agli sposi, 2 chiacchiere e 4 ore perse così fino ad accorgerci che Oradea è full, tutto pieno, nessun letto dove dormire. Unica stanza che troviamo è a Băile Felix, località termale post-sovietica a poco più di 10 km da Oradea.
Di tutti i miei viaggi conservo poche granitiche certezze; una di queste è che qualsiasi posto di villeggiatura post-sovietico è affascinante come il sarcofago del reattore nucleare di Chernobyl.
L’hotel dove dormiremo è un blocco unico di cemento armato alto 10 piani ricavato dal pieno. Alla radio Ramazzotti e Luis Miguel risuonano nei lunghi corridoi di moquette, con movenze lente signori brizzolati arrossatti malamente sotto il sole estivo si muovono nella hall accompagnati da signore con vestiti anni 80 e improbabili acconciature che luccicano ancora di lacca spray. Tutto sa di solitudine e tristezza che sembriamo attori in un video di una vecchia canzone di Marco Masini.
Una birra e poi a letto, è la nostra prima notte rumena.
bon , dai finalmente a fagiolo capita questo ancora ! Benissimo mi farà molta compagnia , ne ho bisogno di una sana iniezione di buon umore !!! (qui dentro l unico alcool è quello denaturato :) ) Grandi ragazzi leggo molto volentieri !
Nico, spero tutto bene.
Presto scriverò la seconda puntata per strapparti qualche altro sorriso.
Il prologo è degno del miglior romanzo. Sempre affascinato, attendo il seguito!!
grazie mille :-)
Ma chi te li scrive i testi? Da un pitecantropo con disturbi specifici dell’apprendimento come te non t’aspetteresti certo una prosa così sopraffina!
BRAVO!
Sono sconcertato. Nemmeno una foto della cameriera austriaca.
Inaccettabile.
Pensi sia vero che fosse così figa?Hi hi hi
Finalmente!
trattenevo il respiro da un po’…
ao’ Morobo’ finalmente ti sei fatto lo stecchetto per i selfie!!! :-))) cmq un giorno me lo spieghi che catso di strada avete fatto per non passare dal friuli, c’avreste avuto pure alloggio gratis sul confine con la Slovenia….. ;-)
p.s.: quotone a nonnopeppe!
TOP TOP TOP
Sono anni che motoriamo in Romania 2009-2010-2011-2017 ma passare dallo Stelvio per andarci non ci avevamo mai pensato…. anche noi molto fuoristrada sui Carpazi ma con moto “leggermente” più pesanti…
Vedi https://sites.google.com/site/badantour/
Complimenti anche a voi..
ciao Federico
complimenti per le vostre avventure balcaniche!
ho visto la vostra Romania … e ci sono tante cose che non ho visto.
devo tornarci!
Sono nuovo sul sito e probabilmente sparo una cazzata per la quale potrei essere giustamente insultato, ma: hai una traccia gpx da condividere dell’intero viaggio?
ciao Giovanni
no, purtroppo no. la nostra religione non ci concede di condividere tracce :-)