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Premessa: quell’anestetizzante idea di viaggiare (Luglio 2010)

Wow!
E’ da piu’ di un anno e mezzo che non sentivo piu’ quell’ardente curiosita’ di viaggiare!
Esattamente da quando progettavo e studiavo una solitaria transiberiana fino a Vladivostock, sul Pacifico, poi declassata in viaggio in Iran ed infine barattato con uno poco canonico a Nordkapp, reso pero’ intrigante da un rientro attraverso l’Europa dell’est.
Uragani di idee che nascono dal nulla, prendono vigore e si annullano poco dopo.
Fa parte di me ed ormai mi ci sono abituato!

Come e’ buffo pensare a come cambiano le nostre convinzioni nel tempo;
Il mio desiderio di viaggiare:si e’ andato piano piano spegnendo;
e se poi penso che ero giunto anche ad accettare l’idea di smettere di viaggiare, quasi non mi riconosco.
Ci si crede forti, saldi e volitivi nelle proprie convinzioni ma poi basta un’amicizia, un amore o un nuovo percorso di vita per renderci arrendevoli e suggestionabili.
Ma la vita ‘e bella proprio per la sua imprevedibilita’;

Anni fa avrei detto senza dubbio che viaggiavo per “cercare”: trovare qualcosa o qualcuno;
risposte a vecchie domande o semplicemente nuovi quesiti da pormi;
non ho mai approfondito questo pensiero ma sentivo, quando girovagavo, un’irrequietezza, un aspettare continuamente cose nuove che pero’ spesso non arrivavano.

Solo qualche mese fa invece ero convinto di voler viaggiare per perdere qualcosa,: perdere ricordi,abitudini; perdere me stesso in luoghi sconosciuti per ritrovare solo l’essenziale.
Volevo cioe’ quello che, un informatico,chiamerebbe un reset hardware: “fdisk e format c:” e ricomincia la giostra!
Ma smontare e rimontare continuamente i lego della nostra vita ottenendo con gli stessi mattoncini risultati anche antitetici fa parte del gioco;
e come in un giuoco delle perle di vetro di hessiana memoria sta a noi saper trovare i nessi, a volte incomprensibili, tra questi opposti modi di pensare.

Forse, come accenna Bruce Chatwin nelle sue note “Anatomia dell’irrequietezza”, viaggiamo semplicemente perche’ e’ nell’indole dell’essere umano; nei secoli l’uomo non ha fatto altro che spostarsi, per cacciare e sopravvivere prima, per commerciare o per curiosita’ in seguito.
Oppure ha ragione Terzani nel suo” Un altro giro di giostra”: “viaggiamo perche’ siamo vuoti dentro” e sentiamo la necessita’ di colmare queste mancanze.
Ma di sicuro concordo con Michel De*Montaigne: “A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo ma non quel che cerco”.

Comunque sia, si torna alle origini;
ho appena annullato i biglietti aerei per Tashkent –Uzbekistan;
avevo voglia di un viaggio differente dal solito, con uno zaino in spalla e tante sane sudate.
Ma nello stesso tempo volevo starmene da solo, in assoluta’ liberta’, assaporando il lento mutare dei paesaggi: lasciare la mattina presto il porto di Bari tra le imprecazioni in vernacolo per ritrovarmi la notte forse ad Istanbul o forse ad Alexandroupoli;
nel mentre non un’asettica carlinga d’aereo e qualche ora di volo ma tanti dialetti,alfabeti, coltivazioni, vallate e montagne.

Ci voleva una motocicletta!
Voglio precisare che non sono un motociclista, ne voglio esserlo! Non mi interessa nulla di motoGP ed elaborazioni e non mi sento di appartenere ad una “famiglia”; d’altronde, non ho mai sopportato l’idea di appartenere ad un gruppo: quattro persone sono gia’ troppe….cinque fanno una folla!
Se proprio potessi scegliere un mezzo per spostarmi sceglierei un elicottero o un ultraleggero,pilotato da me, ovviamente.

Mi piace definirmi un semplice utilizzatore di motocicletta!
Non so nulla dei nuovi modelli,di quelli passati e di quelli che verranno ma la mia moto….oh, quella la conosco sicuramente meglio di chiunque altro!

La scelta della meta’ era poco importante e le mie linee guida sono sempre state semplici: un posto raggiungibile via terra,che non richiedesse visti (se non ottenibili al momento) e soprattutto che fosse “diverso”, meglio se fuori dalle tratte del turismo di massa.

Ecco, il Caucaso;
un’area politicamente (oltre che geologicamente) instabile,un miscuglio di razze e popoli, lingue ed alfabeti indecifrabili, una propaggine di cultura cristiana nel cuore dell’Islam, li, nel luogo dove e’ nata (chissa’, magari per sbaglio) la civilta’ diffondendosi a macchia d’olio dappertutto.

Es Muss sein

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Il sistema nuvoloso artico


La partenza,dunque: rocambolesca!
Come al solito preparo le valigie la sera precedente, forse per un subcosciente desiderio di poter pensare di aver dimenticato qualcosa per la fretta.
Tutto e’ pronto e preparato, dunque, pure cosa mettere addosso: pantaloncini e T-shirt;
gli scarponi li attacchero’ alla moto: sono soltanto 10 chilometri per il porto di Bari e poi e’ estate, mica puo’ piovere!
Sbagliato.

I nostri sguardi si erano incrociati la mattina, andando a lavoro;
da almeno una settimana lui mi scrutava ma poi si dissolveva repentinamente all’orizzonte.

Anch’io lo osservavo con la coda dell’occhio facendo finta di guardare altrove.
Ma quel pomeriggio, appena messa fuori la moto, lui ha capito che era giunto il momento;
In un baleno ha ricoperto il cielo di nubi, ha oscurato il sole e gettato giu’ una caterva d’acqua:
si ! e’ lui, il mio caro sistema nuvoloso artico.
Secondo me voleva seguire M. da Nordkapp a Bari ma poi, resosi conto che ero molto piu’ stimolante di lei, mi si e’ affezionato!

A soli 40 minuti dalla partenza del traghetto sono costretto a riaprire le valigie e cambiarmi: lacci, legacci, mortacci!
Corro al porto sotto una pioggia torrentizia con il sano timore in cuor mio di non arrivare in tempo.
Ma sotto il casco sorrido perche’ so che tutto quello e’ in mio onore.
Sorrido e mi dimentico che a Bari, con la pioggia, il traffico diviene infernale, soprattutto al venerdi’ sera quando la gente finisce di lavorare.
E quindi code interminabili, sottopassaggio allagato…


Ma va bene cosi’, se non ci fossero queste piccole e insensate sfide a peparci l’esistenza cosa sarebbe di noi?
Caro il mio sistema nuvoloso artico, il traghetto alla fine l’ho preso…adesso rincorrimi nel Caucaso, se ci riesci…tie’!

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Gli Antistaminici danno sonnolenza

Percorrere la greca E90, ovvero la via Egnatia (??????? ????) e’ ormai cosa familiare come lo e’ la SS7 (via Appia) che collega la Puglia alla Basilicata.
L’ho calpestata tante e tante volte che mi sento a casa; quest’anno poi la scopro finalmente terminata e senza interruzioni: un’unica, continua striscia d’asfalto che collega l’ovest all’est: roba da rendere felici tutti i Lapo Elkann del mondo!

Si sveglia come sempre lento il sole, tra le vallate della macedonia occidentale;
Appena entrato nella prefettura di I???????, dopo neanche 100 km, avverto una certa sonnolenza, una stanchezza… nel mio sistema di assi cartesiani l’asse delle X balla il twist con quello delle Y, la Z s’inverte con la X annodandosi… la nebbia mi si avvista e ….BUM! Colpo di sonno!
Ao’!
Sveglia!

Si, ammetto di aver dormito poco, tutto dedito alla preparazione dei bagagli;
anche nel traghetto, tra fuso orario e ragazzi in clima vacanziero non e’ che abbia chiuso occhio;
la scena si ripete tale e quale per altre tre o quattro volte finche’ comprendo che le preoccupazioni del mio medico, prescrivendomi degli antistaminici per una orticaria, erano fondate: gli antistaminici danno sonnolenza!

Ogni soluzione genera nuovi problemi: determinato a raggiungere il Caucaso (2600km) in due giorni di viaggio mi vedo costretto a fermarmi ogni 100 km per schiacciare un pisolino;
Roba da matti!
Sulla moto c’ho fatto tante cose, ora ho imparato che e’ possibile anche dormirci;
si, basta stendersi sulla sella, allungare le gambe sul manubrio e ..voila’!
Schiaccio un pisolino dovunque ogni 100km: in una piazzola dentro una galleria , accanto i cessi sull’autostrada, su una spiaggia turca tra i ghigni delle ragazze denudate dei soli calzini.
Bastano pochissimi minuti, che il cervello sembra percepire come ore, per riprendersi!



E poi Istambul, il caotico ponte sul Bosforo, le liti con i caselli automatici delle autostrade, il motel, la moto che non parte, l’infernale traffico turco, Trabzon (Trebisonda) e la sua via dei bordelli russi, la serata con Tiziana e Andrea, le prime targhe iraniane e georgiane, i campi di girasole a perdita d’occhio, il mar Nero che rivedo dopo tre anni: una lunga, interminabile corsa a est lungo il 42° parallelo finche’ il Caucaso e’ davvero vicino.
Ma mai dimenticare che gli antistaminici danno sonnolenza!

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3 Comments

  • moroboschi ha detto:

    grande Talino,
    bellissimo viaggio

  • michele ha detto:

    ragazzi ho divorato questo racconto!
    FA-VO-LO-SO!!!

    voglio partire con voi!!!!!
    bravo TALINO!!!!!

  • Federico ha detto:

    Bello il tuo viaggione! a proposito di inventarti una lingua tutta tua pensa che ho fatto la stessa cosa in Ukraina e Crimea con soddisfacenti risultati… me la son cavata parlando dialetto Bergamasco, forse la durezza della lingua faceva “colpo” ma qualche problema me l’ha risolto.
    Complimenti ancora..

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